Alma Laboris Business School - Corte Costituzionale e sanzioni amministrative INPS: remissione per sproporzione

Corte Costituzionale e sanzioni amministrative INPS: remissione per sproporzione

sanzioni amministrative INPS

Nella Gazzetta Ufficiale n. 13 Serie Speciale - Corte Costituzionale del 29 marzo scorso è stata pubblicata l’ordinanza di rimessione n. 35/2023 con cui il giudice del lavoro di Brescia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, per contrarietà all’art. 3 Cost., in ordine all’art. 2 comma 1-bis del DL 463/83 – come sostituito dall’art. 3 comma 6 del D.lgs. 8/2016 – concernente le sanzioni amministrative irrogate per omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali.

Tale questione pone da tempo grossi dubbi interpretativi ai giudici chiamati a pronunciarsi sulle opposizioni alle ordinanze ingiunzioni comminate dall’INPS ai datori di lavoro per l’omesso versamento di ritenute previdenziali; nello specifico, in ipotesi di sanzioni amministrative pecuniarie (dunque, in caso di omissioni di versamento meno gravi rispetto a quelle per cui è prevista la sanzione penale), ritenute del tutto sproporzionate rispetto all’illecito censurato dall’Istituto.

Soltanto lo scorso 13 ottobre il Tribunale di Verbania aveva sottoposto analoga questione alla Consulta (si veda “Sanzioni amministrative INPS per omesse ritenute sotto soglia alla Consulta” del 21 ottobre 2022).

La ragione di tante perplessità interpretative è da rinvenire nel peculiare regime sanzionatorio.

Con il D.lgs. 8/2016 il legislatore, in un’ottica di depenalizzazione delle violazioni più lievi ha modificato l’art. 2 comma 1-bis del DL 463/83 stabilendo una soglia minima di punibilità di rilevanza penale, pari a 10.000 euro, al di sotto della quale, in caso di infrazione inferiore, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria.

Tale parziale intervento di depenalizzazione risulta controverso, in quanto non appare ragionevolmente parametrato il trattamento sanzionatorio riservato ai trasgressori per importi non versati inferiori alla predetta soglia: infatti, in contrasto con il principio di proporzionalità e gradualità tra la gravità dell’infrazione e la sanzione inflitta, la sanzione amministrativa pecuniaria prevista va dal minimo edittale di 10.000 euro sino alla misura massima di 50.000 euro.

Particolarmente sproporzionato risulta il limite edittale minimo per gli illeciti amministrativi, stabilito in 10.000 euro anche per mancato versamento di importi estremamente esigui, risultando la sanzione pecuniaria più contenuta spropositatamente elevata rispetto all’infrazione.

A fronte della tassatività del predetto minimo edittale per ciascuna violazione, la sproporzione della sanzione irrogata rispetto all’entità dell’omesso versamento non è superabile neanche con i correttivi interpretativi, quali l’applicabilità del pagamento in misura pari alla metà ex art. 9 comma 5 del D.lgs. 8/2016 per le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo. Ciò, in quanto appare necessario un nuovo intervento normativo volto a eliminare il riferimento al limite minimo di 10.000 euro previsto per la sanzione amministrativa pecuniaria degli importi non versati sotto soglia penale.

Pertanto, il Tribunale di Brescia – che ha affrontato il caso dell’opposizione a un’ordinanza di ingiunzione comminata alla titolare di un esercizio commerciale che lamentava l’irrogazione di una serie di sanzioni amministrative, per un totale di 73.000 euro, per omesso versamento di ritenute previdenziali, complessivamente di importo inferiore ai 10.000 euro – ha affermato che il limite minimo edittale per le sanzioni amministrative determina una irragionevole disparità di trattamento tra coloro che omettono il versamento delle ritenute previdenziali.

Infatti, in caso di mancato versamento di importi superiori ai 10.000 euro (trasgressioni per cui sono previste le sanzioni penali della reclusione fino a tre anni e della multa fino a 1.032 euro), la modulazione della pena per il reato operata dal giudice penale sulla base delle circostanze del caso concreto, oltre alla possibilità di ottenere la conversione in pena pecuniaria, assoggettano a un trattamento deteriore chi ha posto in essere violazioni più lievi.

Anche in ipotesi di omissioni contributive sotto soglia si rileva una disparità di trattamento: in verità, al trasgressore che viola il precetto normativo nel suo massimo valore sotto soglia (per importi pari a 10.000 euro) può essere comminata una sanzione pecuniaria massima di 50.000 euro, pari a un quintuplo della violazione; ove, invece, l’omissione di versamento sia inferiore a 1.000 euro, il trasgressore sarebbe punito nella migliore delle ipotesi con una sanzione pecuniaria di 10.000 euro, pari a dieci volte la violazione.

Dal che consegue, ad avviso del giudice bresciano, la violazione dell’art. 3 Cost., essendo irrazionale trattare più severamente una violazione più lieve e meno severamente una violazione più grave, tanto più se le due violazioni sono di identica specie e immediatamente e obiettivamente comparabili tra loro.

Un articolo a cura del dottor Michele Regina, consulente del lavoro ed esperto del mondo HR

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