Curriculum vitae: come individuare le persone adatte e come stanare i ‘falsari’
Secondo una recente indagine condotta nel Regno Unito da DBS Check Provider, circa il 51% degli applicants, riporta all’interno del proprio curriculum informazioni farlocche, arrivando molto spesso a gonfiare non solo le esperienze pregresse, ma anche le votazioni scolastiche e universitarie.
Stanare gli imbroglioni è possibile e un buon recruiter sa che esperienza e competenza possono essere delle valide alleate per il raggiungimento di questo scopo, specie se a condire il tutto ci sono le giuste dosi di furbizia e perspicacia.
Scopriamo insieme come individuare le risorse adatte e come evitare questi tranelli! Gli uomini si confermano più bugiardi delle donne (il 61% contro il 39%) e quelli che mentono di più hanno dai 25 ai 49 anni. Si tende a enfatizzare soprattutto ciò che riguarda le responsabilità ricoperte nelle esperienze pregresse (circa il 40%) ma addirittura in molti dicono il falso anche per ciò che riguarda gli hobby e il tempo libero (circa il 35%)
Si esagera anche sulla formazione, aumentando punteggi del diploma (27%) e della laurea (circa il 20%).
Appare evidente da questa ricerca che i colloqui, per professionisti di questo tipo, diventano delle occasioni per mettere in mostra le proprie qualità attoriali, pertanto i recruiter devono prestare grande attenzione alle informazioni che emergono in quanto non tutto quello che viene scritto e detto è vero con certezza.
Di solito la verità è esattamente nel mezzo: per molte persone Cv e colloqui non devono riflettere necessariamente le persone che siamo e quindi pervade questa tendenza a diffondere il falso, si cerca di gettare fumo negli occhi a chi può darci delle occasioni solo perché si è convinti che in questo modo tutto è possibile, tutto è realizzabile.
Tutto ciò, probabilmente, cela una certa dose di insicurezza, che dovrebbe essere analizzata sì, ma che dovrebbe essere anche rinvigorita attraverso sacrificio, formazione e impegno.
Per poter stanare i bugiardi le leve più funzionali restano l’empatia e l’autenticità: non c’è nulla che incuta più timore della verità.
Il recruiter, come un bravo alchimista, deve dosare ambedue gli elementi: sarà poi il linguaggio del corpo del candidato, attraverso piccoli movimenti nervosi e continue inflessioni o interruzioni di voce, a confessare la verità.
Fatte queste premesse, al di là delle possibili incongruenze, il compito del recruiter è soprattutto quello di captare motivazione e capacità del candidato: se il talento emerge, e la potenziale risorsa risulta in linea con la posizione e l’organizzazione aziendale, allora, forse, si può anche sorvolare sulle piccole bugie.
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Redazione HR