Telelavoro, cos’è e come funziona: la normativa in vigore
Una delle espressioni più utilizzate nelle ultime settimane per quanto riguarda il mondo del lavoro attuale è senza dubbio la dicitura telelavoro. Si tratta di un termine il cui significato è più differente di quanto sembri rispetto all’espressione anglofona smart working. La normativa in vigore, e il portale ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, ne hanno disciplinato ed enunciato le modalità.
Che cos’è il telelavoro? Definizione e significato dell’espressione
Più che a un vero e proprio elemento della vita lavorativa del professionista, del dipendente, del dirigente, il telelavoro è un concetto che caratterizza il contesto professionale moderno. Volendo darne una definizione formale, si tratta di un modo di svolgere il proprio lavoro indipendente dalla localizzazione geografica dell'ufficio o dell'azienda, tramite l’utilizzo di supporti di carattere informatico e telematico.
La caratteristica saliente risiede senza dubbio nella flessibilità per quanto riguarda l’organizzazione e le modalità dello svolgimento dell’attività lavorativa. Il telelavoro ne rappresenta una nuova visione, strettamente correlata al mondo della tecnologia, che consente di superare le distanze, e di ridurre al minimo i vincoli spaziali e temporali legati all’ambiente lavorativo, fino a decretarne, in un certo senso, l’annullamento.
Sebbene per alcuni periodi venga utilizzato in maniera preponderante, spesso al telelavoro si affianca il lavoro in ufficio, magari a giorni alterni della settimana, o in determinati periodi dell’anno.
Telelavoro e smart working: differenze e vantaggi
Numerosi sono i vantaggi che il telelavoro comporta. Per l’azienda, che può risparmiare risorse economiche, rispetto a risorse stabilite in ufficio a tempo pieno; integrare diversamente abili e persone svantaggiate, e accedere ai benefici fiscali; passare a una struttura flessibile; eliminare alcune postazioni di lavoro.
I benefici sono tutt’altro che trascurabili anche dal punto di vista del lavoratore, che potrà risparmiare sui costi di trasporto quotidiani per il tragitto casa-lavoro; recuperare il tempo perso nei trasferimenti; minori rischi derivanti dai trasporti e dagli spostamenti; maggiore autonomia.
Sebbene, come accennato in precedenza, molto spesso il telelavoro viene confuso con lo smart working. Esiste una differenza alla base di questa distinzione. Se il telelavoro, da definizione, è l’attività lavorativa svolta a distanza rispetto alla sede centrale in cui normalmente si effettua, con il trasferimento delle medesime responsabilità dal posto di lavoro a casa, nello smart working è il dipendente a decidere in piena autonomia i tempi e il luogo di lavoro, senza una postazione fissa.
Inoltre, mentre il telelavoro si svolge per lo più da casa, o in un solo, specifico luogo decentrato, proprio in virtù del fatto che l’orario di lavoro e le modalità dello svolgimento sono identiche, caratteristica essenziale dello smart working è data dal fatto che il lavoratore può decidere in maniera indipendente, oltre che il ‘come’ e il ‘quando’, anche il ‘dove’ lavorare. La mobilità è il fattore chiave, dunque.
Telelavoro normativa, a quali leggi e direttive facciamo riferimento in Italia
La normativa per quanto riguarda il telelavoro è fondamentalmente racchiusa nello Statuto dei Lavoratori, a prescindere dalla tipologia contrattuale e dalla sede domestica della prestazione lavorativa.
Tuttavia, va sottolineato come, per quanto riguarda il privato, la disciplina è ancora manchevole di una fonte legislativa vera e propria, ed è affidata a direttive comunitarie, per quanto riguarda le prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per le attività, e all’accordo interconfederale del 9 giugno 2004, recepimento italiano dell’accordo quadro europeo del 16 luglio 2002.
Esiste un accordo quadro, invece, valido per la pubblica amministrazione: è stato stipulato l’8 giugno 2011, ed enuncia i principi contenuti nella legge 191/1998, e nel seguente DPR n°70 dell’8 marzo 1999.
Telelavoro Agenzia Entrate 2020: cosa dice il portale ufficiale
La redazione di un piano per il telelavoro è invece obbligatoria dal cosiddetto Decreto Crescita 2.0 del 17 dicembre 2012. Quest’ultimo punto è ben disciplinato dall’Agenzia delle Entrate, che ogni anno pubblica il cosiddetto Piano per l’utilizzo del telelavoro.
Si tratta di un documento che disciplina le modalità secondo cui viene svolto: la predisposizione della proposta di progetto, la loro valutazione e la stipula del contratto individuale di telelavoro. Inoltre, in esso viene contenuto l’elenco delle attività per le quali non è possibile l'utilizzo del telelavoro, per varie ragioni. Infine, un riepilogo sullo stato di attuazione del telelavoro, contenente alcune statistiche importanti a riguardo.
Per cinque edizioni consecutive il documento è stato aggiornato il 31 marzo; a scanso di novità, sembra che anche per il 2020 si procederà in questo senso.
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Redazione Business School