Smart working Italia, i lavoratori sono 570mila. E nel 2030 il 30% delle aziende avrà spazi dedicati
Continua il momento di crescita costante per quanto riguarda il lavoro in nelle aziende del nostro Paese. Con il conseguente bisogno di creare spazi flessibili per i dipendenti
Siamo entrati nel nuovo decennio. Il 2020 segna una porta di passaggio tra una decade segnata da tendenze del lavoro che sono riuscite a ritagliarsi uno spazio in modo piuttosto netto, e un’altra che potrebbe essere altrettanto incisiva. Nella lista delle priorità delle aziende sembra salire sempre di più lo smart working. Per chi – ormai, pochi – non ne conoscano ancora l’esistenza, si tratta di una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, che presenta la peculiarità della quasi completa assenza di vincoli orari o spaziali per i lavoratori, i quali spesso scandiscono il loro lavoro per progetti.
Un mercato, questo, che, da recenti ricerche, conta circa 570mila dipendenti che lavorano secondo i principi di quella che potrebbe diventare una vera scuola di pensiero. La sua formula organizzativa sembra essere sempre più apprezzata, tanto che al momento la crescita degli smart worker nel nostro Paese è stimata in circa il 20%.
Ma quali sono le aziende che guidano questo particolare mercato? Senza dubbio le grandi imprese: le organizzazioni di dimensioni consistenti, infatti, si stanno dimostrando molto più avvezze ad adottare politiche di smart working. E, se le piccole e medie imprese italiane non hanno ancora avviato progetti di lavoro intelligente, si evidenziano i primi passi in avanti per le pubbliche amministrazioni.
Ad oggi, a un decennio dal lancio del settore, si contano inoltre 665 entità di coworking. Leader nella tendenza, come prevedibile, Milano e Roma. Con una maggiore soddisfazione nella vita lavorativa quotidiana, che si svolge nei cosiddetti ‘uffici flessibili’, il cui valore è stimato in circa 26 miliardi di dollari, con un incremento annuo previsto del 15%.
by
Redazione Business School