Coronavirus vaccino, Johnson & Johnson in campo. Quali i tempi? La voce del Ministero
La nota casa farmaceutica americana ha annunciato venerdì di voler lanciare una risposta all’epidemia per cui l’OMS ha dichiarato emergenza sanitaria globale. Ma realizzare in tempi rapidi un vaccino o una terapia è tutt’altro che semplice
Per la scienza è conosciuto come 2019-nCoV, ma da settimane per tutti è, più direttamente, coronavirus. Un organismo di cui conosciamo ancora poco, ma che ha infettato migliaia di persone in Cina, e si è espanso ormai in Europa. Dalla serata di giovedì 30 gennaio, il nuovo ceppo appartenente a una vasta famiglia di virus è ufficialmente in Italia, con i primi due casi accertati. Il mondo è – e possiamo dirlo senza creare falsi allarmismi che alimenterebbero una psicosi già piuttosto diffusa – in subbuglio per quella che è già un’emergenza sanitaria mondiale dalla scorsa settimana, come dichiarato dalla stessa OMS.
Le maggiori case farmaceutiche sembrano già attive per sviluppare una risposta al coronavirus 2019-nCoV. Tra queste vi è il colosso statunitense Johnson & Johnson, uscito allo scoperto con una dichiarazione ufficiale rilasciata lo scorso venerdì. La nota azienda ha rilasciato un messaggio piuttosto eloquente, per bocca di Paul Stoffels, vicepresidente del Comitato esecutivo e Direttore scientifico: “Da sempre vantiamo un impegno nella lotta contro le epidemie consolidate ed emergenti. Siamo in collaborazione con le autorità regolatorie, le organizzazioni sanitarie, le istituzioni e le comunità in tutto il mondo per arginare questa minaccia alla salute pubblica”.
Ma quali sono i tempi per sviluppare un vaccino per il coronavirus? Il Ministero della Salute ha (giustamente, diremmo) puntualizzato su questo e alcuni quesiti collegati, all’interno di faq dedicate all’argomento: “Essendo una malattia nuova, non esiste ancora un vaccino per questo coronavirus. I tempi per realizzarne uno sono relativamente lunghi. Ad oggi non esiste ancora neanche un trattamento specifico per combatterlo, e il trattamento deve essere basato sui sintomi del paziente”. Tuttavia, la grande impresa, tutta italiana, dei virologi dell'Istituto nazionale malattie infettive Spallanzani, che sono riusciti ad isolare il virus responsabile dell'infezione, rappresenta “un passo importante per tutta la comunità scientifica che consentirà di accelerare la ricerca su questa malattia”.
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Redazione Business School