La Farmacovigilanza per i Farmaci Biologici
Il termine “biologici” in medicina si riferisce a molti prodotti che possono includere sangue, componenti del sangue, vaccini, allergeni, proteine terapeutiche ricombinanti, cellule somatiche, terapia genica e tessuti.
Cosa indica il termine “Biologico”?
Gli agenti biologici possono essere cellule o tessuti oppure essere composti da proteine, carboidrati, acidi nucleici o una combinazione di questi. Questi prodotti possono essere estratti da una fonte biologica o essere prodotti con la biotecnologia. Al contrario i medicinali tradizionali, quelli che chiamiamo farmaci (“drugs” in inglese) sono sostanze non proteiche, organiche, piccole molecole, e sono di solito di sintesi chimica.
Le Proteine Biologiche Terapeutiche
Negli ultimi due decenni e in particolare nell’ultima decade è molto cresciuta l’attenzione verso le proteine biologiche terapeutiche via via che ne sono state sviluppate nuove e che sono diventate disponibili per l’uso clinico. Come per tutti i farmaci, le proteine biologiche terapeutiche vengono sottoposte ai test pre-approvazione. Occorre dimostrare l’efficacia del trattamento nella condizione voluta e caratterizzare il profilo di sicurezza del prodotto.
Come accade per i farmaci tradizionali, il profilo di sicurezza delle proteine biologiche terapeutiche non è completamente conosciuto al momento dell’approvazione. Come per i farmaci tradizionali la maggior diffusione dell’uso di un prodotto porta al suo utilizzo in più popolazioni di soggetti clinicamente diverse rispetto a quelle dei trial clinici. Allo stesso modo l’uso più ampio può portare all’utilizzo di dosaggi differenti da quelli che erano stati studiati o al trattamento di condizioni non studiate prima, tra l’altro con la possibilità della somministrazione concomitante di molte altre medicine, situazione che non si verifica nei trial clinici.
Ciò detto, ci sono comunque alcuni aspetti delle proteine biologiche terapeutiche che richiedono particolare attenzione per quanto riguarda il monitoraggio post approvazione. Una caratteristica importante dei prodotti a base di proteine biologiche terapeutiche è la loro capacità di indurre immunogenicità.
I fattori che possono influenzare lo sviluppo di una risposta immune al prodotto somministrato
La struttura proteica, la glicosilazione, il tipo di formulazione e i prodotti di degradazione sono tutti fattori che possono contribuire a questo effetto e altrettanto possono fare il dosaggio, lo schema di trattamento, la via di somministrazione e l’uso concomitante di altri immunomodulatori. In alcuni casi lo sviluppo di una risposta immune alla proteina biologica terapeutica può ridurre l’efficacia della molecola con solo lievi effetti avversi. In altri casi invece la risposta immune può portare a effetti avversi gravi, talvolta fatali. Per esempio, lo sviluppo di anticorpi neutralizzanti anti eritropoietina nei pazienti che hanno ricevuto alcuni prodotti a base di eritropoietina ha condotto, in alcuni casi, allo sviluppo di un’aplasia pura della serie rossa.
Complicazioni possibili dei trattamenti con proteine biologiche terapeutiche sono anche le malattie da immunocomplessi, come glomerulonefriti, vasculiti e artrite. Quando i medici e gli esperti di farmacovigilanza esaminano gli eventi avversi gravi nei pazienti trattati con proteine biologiche terapeutiche occorre perciò considerare l’immunogenicità e le reazioni immunomediate come possibile causa. In aggiunta al fenomeno degli anticorpi leganti l’antigene, con le proteine biologiche terapeutiche a seguito dell’infusione si possono verificare reazioni anafilattiche (mediate dalle IgE) e reazioni anafilattoidi (non mediate dalle IgE). Poiché le manifestazioni di queste reazioni possono essere diverse e non specifiche rispetto al tempo di insorgenza, è importante che la revisione degli eventi avversi includa la ricerca di un ampio spettro di reazioni che potrebbero essere la manifestazione di una reazione all’infusione.
Molti dei prodotti a base di proteine biologiche terapeutiche sono immunosoppressori o immunomodulatori e il meccanismo specifico di tale azione può variare da una molecola all’altra. Quando si somministra un farmaco con queste caratteristiche occorre avere presente il rischio di infezioni opportunistiche e tumori che sono un’ulteriore sfida per i sistemi di farmacovigilanza. Mentre infatti i sistemi di segnalazione passiva spontanea degli eventi avversi sono efficaci per riconoscere gli eventi avversi che si verificano dopo poco tempo dal trattamento con un farmaco, essi di solito non sono adeguati per rilevare gli eventi avversi che si verificano da mesi ad anni dopo l’inizio del trattamento.
È per questo motivo che quando si fa una revisione sulle segnalazioni di infezioni opportunistiche o tumori è importante risalire al trattamento effettuato e ai tempi di ogni farmaco potenzialmente immunosoppressore che il paziente ha fatto o sta facendo. Inoltre è importante conoscere la dose cumulativa di farmaco ricevuta dal paziente. Il tempo di comparsa clinica di un’infezione opportunistica o di un tumore può variare molto da farmaco a farmaco e può anche essere diverso tra paziente e paziente trattati con lo stesso farmaco.
Poiché le segnalazioni spontanee non consentono una valutazione completa sugli esiti delle infezioni opportunistiche nella popolazione dei pazienti trattati con agenti immunosoppressori, altri metodi, come i registri che seguono nel tempo i pazienti trattati con immunosoppressori, possono fornire informazioni utili sulla frequenza e l’evoluzione di questi esiti. Inoltre i registri (in Italia è per esempio attivo quello di Psocare, ndr) possono aiutare a gettar luce se un processo opportunistico può verificarsi in monoterapia, oppure se si verifica più spesso quando il prodotto è usato insieme ad altri farmaci immunosoppressori.
I prodotti biologici si associano più spesso a eventi avversi rispetto alle piccole molecole?
La risposta non è certa, ma una recente pubblicazione sulle azioni regolatorie legate alla sicurezza per i biologici negli Stati Uniti e in Europa ha esaminato la questione. I ricercatori hanno trovato che la probabilità di un’azione regolatoria al riguardo era del 14% a tre anni dall’approvazione e del 29% a dieci anni dalla stessa. Nella maggior parte dei casi le azioni regolatorie si riferivano a reazioni locali nel sito di infusione, a infezioni, tumori e disturbi del sistema immunitario. Dopo dieci anni, il 17% dei prodotti ha ricevuto un “boxed warning” da inserire nella scheda tecnica del prodotto. Gli autori sottolineano che vi è una probabilità del 10% per un farmaco di ricevere a dieci anni un “boxed warning”. Sulla base dei risultati del loro studio e di quelli di Lasser e colleghi, i ricercatori concludono che i prodotti biologici hanno una maggiore probabilità di ricevere un “boxed warning” rispetto agli altri farmaci.
In sintesi, le proteine biologiche terapeutiche richiedono un attento monitoraggio post approvazione, con particolare attenzione agli eventi avversi immunomediati, alle reazioni di infusione e, per gli agenti immunomodulatori, una stretta sorveglianza per le infezioni opportunistiche e i tumori.
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Marketing Farmaceutico