Alma Laboris Business School - Trust testamentario estero ed imposizione indiretta: il conferimento di beni esistenti in Italia sconta l’imposta di successione, prima della devoluzione al beneficiario

Trust testamentario estero ed imposizione indiretta: il conferimento di beni esistenti in Italia sconta l’imposta di successione, prima della devoluzione al beneficiario

Trust testamentario estero ed imposizione indiretta: il conferimento di beni esistenti in Italia sconta l’imposta di successione, prima della devoluzione al beneficiario

Con la risoluzione n. 371 del 10 settembre 2019, l’Agenzia delle Entrate ha reso chiarimenti ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, ipotecarie e catastali in relazione al conferimento in un trust testamentario estero di beni immobili e di titoli esistenti in Italia.

In particolare, nell’interpello, l’istante dichiara che il de cuius, deceduto in Australia ed ivi residente, aveva nominato quale beneficiario del trust la nipote residente in Italia (figlia della sorella del de cuius), e che i beni caduti in successione - oggetto di quesito – erano un appartamento categoria A/2 situati in Italia e alcuni titoli bancari.

Proponeva pertanto l’applicazione dell’imposta ipotecaria e catastale in misura fissa, senza alcuna applicazione di imposta di successione.

A parere dell’Agenzia, e diversamente da quanto prospettato dall’istante, la dotazione di un trust testamentario con beni in Italia e con beneficiario italiano sconta l’applicazione dell’imposta di successione e donazione in misura proporzionale, secondo le regole ordinarie. Inoltre, se il conferimento riguarda anche beni immobili, sul loro valore catastale si applicano in misura proporzionale anche le imposte ipotecarie e catastali.

Prima di entrare nel merito della risposta resa dall’Ufficio, vale la pena ricordare, seppur brevemente, le caratteristiche essenziali del trust, nonché l’evoluzione della giurisprudenza con riferimento alla tassazione indiretta.

Il trust è uno strumento di pianificazione e protezione patrimoniale di derivazione anglosassone, che ha fatto il suo ingresso nel nostro ordinamento nei primissimi anni 90. Tale istituto, privo di una disciplina civilistica ad hoc, è stato riconosciuto in Italia con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 (Legge n. 364 del 16 ottobre 1989). Ad onor del vero, a seguito della ratifica, non è mai stata emanata una regolamentazione civilistica e fiscale in materia. Nondimeno, hanno trovato ingresso e riconoscimento nel nostro ordinamento sia i trust istituititi all’estero sia quelli istituiti in Italia.

La mancanza di una disciplina civilistica che ne identifichi i tratti essenziali, dunque, rende necessario il richiamo a quelli enunciati dall’articolo 2 della Convenzione, in base al quale il trust ricorre quando un soggetto (detto settlor) sottopone dei beni, con atto mortis causa o inter vivos, sotto il controllo di un altro soggetto (detto trustee) nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico. La norma precisa altresì:

  1. a) che i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee;
  2. b) che i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un'altra persona per conto del trustee;
  3. c) che il trustee ha il potere-dovere di amministrare o disporre dei beni secondo quanto previsto dall’atto costitutivo o dalla legge.

L’effetto principale dell’istituzione di un trust, dunque, è la segregazione patrimoniale dei beni oggetto di conferimento, che costituiscono patrimonio separato rispetto al patrimonio del trustee, del disponente e del beneficiario, nonché lo sdoppiamento della proprietà dei beni ai fini dell’amministrazione in capo al trustee, e quella ai fini del godimento in capo al beneficiario ultimo.

Non è quindi essenziale la finalità successoria, che potrebbe del tutto mancare (il trust, infatti, può normalmente essere costituito con un atto inter vivos).

Orbene, il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate prende le mosse da una qualificazione operata dal contribuente di trust successorio, per poi arrivare a definire essenzialmente che:

  • Il trust successorio sconta l’imposta di successione quando (i) il disponente è non residente, (ii) il beneficiario è residente in Italia e (iii) i beni sono in Italia o “nazionalizzati”. L’applicazione della predetta imposta è determinata in relazione alle regole generali di cui all’art. 2 Dlgs 346/1990, e quindi in ragione delle singole aliquote previste in relazione al grado di parentela;
  • Se tra i beni conferiti vi sono beni immobili, il conferimento in trust – che l’Agenzia definisce traslativo - sconta l’imposta ipotecaria e catastale, in misura proporzionale, già al momento del conferimento, in capo al trust.

Tali prese di posizione – a parere di chi scrive - risultano aspramente criticabili, in quanto ispirate ad una mera logica di “batter cassa”, con il rischio di contribuire a creare ulteriore confusione nell’applicazione dello strumento del trust.

Anche a voler tacere, infatti, la presa di posizione della più recente giurisprudenza di legittimità, a tenore della quale l’atto di dotazione del trust non sconta imposta di successione, verrebbe da chiedersi per quale motivo (i) l’Agenzia rilevi manifestazione di capacità contributiva ad un soggetto diverso dal disponente e (ii) attribuisca al trust qualifiche soggettive riferibili al disponente (es. rapporto di parentela).

Verrebbe infine da chiedersi quale trattamento riservare ad un trust estero, con beneficiari italiani, di somme depositate all’estero.

In questo caso, infatti, non potrebbe essere applicata la regola della territorialità prevista nell’art. 2 Dlgs 346/1990, con conseguente esonero dall’applicazione dell’imposta di successione ai trasferimenti operati dal trust estero: tuttavia, risulterebbe applicabile il disposto di cui all’art. 44 comma primo lettera gsexies), a tenore del quale – in via presuntiva – sono considerati come redditi di capitale quelli imputati a beneficiari di trust esteri.

In altre parole, di fronte alla medesima situazione prospettata nell’interpello, si avrebbe il paradosso per cui:

  1. In caso di beni conferiti nel trust testamentario estero presenti in Italia, sarebbe applicabile l’imposta di successione;
  2. In caso di beni conferiti nel trust testamentario estero, presenti all’estero (es. conti esteri), non risulterebbe applicabile l’imposta di successione, ma comunque applicabile l’IRPEF.

Il limite, pertanto, di tale interpretazione risulta sotto gli occhi di tutti, e si confida in una nuova prassi risolutiva del tema “fiscalità del trust”, che possa riordinare il tema.

 

Avv. e Dott. Maurizio Di Salvo
(Coordinatore Didattico e Docente: Master in Diritto Tributario)

 

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