Licenziamento discriminatorio: cos’è e come impugnarlo
Il licenziamento discriminatorio rientra nel novero delle varie forme di licenziamento illeggittimo previste dalla norma italiana. Per saperne di più leggi il nostro approfondimento.
Definizione di questo elemento nella giurisprudenza
Il licenziamento discriminatorio si configura quando il provvedimento che sancisce la fine del rapporto di lavoro sia determinato da caratteristiche personali del lavoratore, quali ad esempio sesso, etnia, oppure orientamento sessuale. Si tratta, quindi, di una delle più gravi e avvilenti forme di licenziamento illeggittimo in quanto le motivazioni che conducono alla cessazione del rapporto di lavoro sono in netto contrasto con il principio di eguaglianza sancito dalla costituzione italiana.
Questa tipologia di licenziamento si verifica quando la discriminazione risulti essere l’unica ragione sottesa della cessazione del contratto di lavoro. Tra i fattori di discriminazione che contraddistinguono questa specifica forma di licenziamento illegittimo:
- la razza;
- la lingua;
- il sesso;
- la religione;
- le opinioni politiche e/o filosofiche;
- la disabilità.
Rientra tra le ipotesi di licenziamento discriminatorio anche la salute, tuttavia va valutata scrupolosamente: molto spesso, infatti, la tutela garantita al lavoratore viene meno qualora la malattia vada a protrarsi oltre il periodo stabilito oppure quando un disturbo o una patologia vada a influire negativamente sul rendimento del lavoratore.
Come impugnare il licenziamento discriminatorio
In caso di licenziamento discriminatorio, il lavoratore potrà proporre ricorso per il provvedimento illeggittimo adottato dal datore di lavoro. Spetterà sempre a lui l’onere di fornire le prove dalle quali si possa dedurre la discriminazione subita.
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Redazione Giuristi d'Impresa