Salario minimo in Italia, la proposta del Parlamento Europeo sugli stipendi: cosa prevede
Introdurre un salario minimo in Italia, comune in tutti gli Stati membri, come livello base di protezione per tutti i lavoratori, per garantire standard di vita dignitosi ai lavoratori e alle loro famiglie e contrastare la povertà lavorativa.
La nuova proposta del Parlamento Europeo del 25 novembre scorso, con cui è stata aperta la fase dei negoziati con il Consiglio europeo, è stata incentrata sull’introduzione di un salario legale.
Salario minimo in Italia, il nostro Paese non ha ancora una legge
Con quest’ultima espressione viene intesa la previsione per legge del costo minimo consentito per la prestazione di attività lavorativa. Al momento, a febbraio 2021, sono 21 su 27 gli Stati UE che hanno previsto un salario minimo nazionale. Alcuni dati raccolti da Eurostat hanno indicato la Bulgaria in fondo alla classifica, con 332 euro di stipendio minimo, e in testa il Lussemburgo, con ben 2202 euro.
Non è stato ancora introdotto in Italia, Danimarca, Cipro, Finlandia, Austria e Svezia il salario minimo. Il nostro Paese, dunque, dovrà necessariamente adeguarsi a quanto stabilito da Bruxelles. A tal proposito vale la pena sottolineare come i Paesi che non dispongono di un meccanismo di salario minimo legale sono anche i Paesi dove è più larga la percentuale di rapporti di lavoro subordinato disciplinati attraverso la contrattazione collettiva.
Ed è proprio in tal senso che si inserisce l’intervento dell’UE per introdurre il salario minimo in Italia: ridurre l’impatto sul mondo del lavoro che la transizione digitale sta già avendo in questi anni, abbattendo contemporaneamente le quote di lavoro precario, comprendenti part time, stagionali, interinali, che appunto sembrano favorite dall’inesistenza di uno stipendio minimo.
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Redazione Giuristi d’Impresa