Covid-19 ….. il "caos" degli Ammortizzatori Sociali.
Scritto da Nicolò Schittone: Sebbene tra i dichiarati intenti del Decreto Cura Italia vi fosse quello di estendere misure di sostegno economico agli imprenditori (e con essi ai lavoratori) e di facilitarne l'accesso (..sburocratizzando quanto più possibile), per far fronte alla drammatica emergenza epidemiologica che ha gravemente colpito il nostro Paese, non può negarsi come, nella realtà, le nuove norme abbiano aggiunto una certa quota di disordine e di incertezza nel terreno già complicato e farraginoso degli ammortizzatori sociali.
Ma atteniamoci ai dati.
Ben 14 sono attualmente le tipologie di sussidi disponibili nel lavoro subordinato (ci si riferisce alla Cassa Integrazione Guadagni <Ordinaria>, <Straordinaria> o in <Deroga>, al <Fondo di Integrazione Salariale> che ha l'assegno ordinario o di solidarietà, ai <Fondi Bilaterali>, al <Contratto di espansione>) e circa una ventina le causali previste per demandarne l'accesso, che non di rado appaiono estremamente assimilabili tra loro.
Si pensi alla causale di <Crisi di impresa> "per un evento imprevisto ed improvviso esterno alla gestione aziendale" (tra quelle previste per il ricorso alla CIGS), o a quella prevista "per eventi transitori e non imputabili all'azienda", a cui da ultimo si è aggiunta la causale "Emergenza Covid-19": coglierne le specifiche caratteristiche è innegabilmente ostico all'interprete.
All'imprenditore in difficoltà che oggi tenta di fare ricorso ad una forma di sussidio, viene richiesto, dunque, innanzitutto, di orientarsi in tale "caos”, cercando, ancor prima di capire per quale di questi presentare domanda, quale sia previsto per il proprio settore di appartenenza, impresa anch'essa tutt'altro che agile… Ma purtroppo, a dare luce a tale confusionaria e frammentaria regolamentazione non sovviene in aiuto neppure il tenore letterale delle nuove disposizioni, presentando le stesse non pochi problemi interpretativi e di applicazione.
In un ginepraio così complicato, una delle questioni di particolare rilievo che l'operatore è chiamato a risolvere riguarda la possibilità o meno di considerare il limite di 9 settimane di cassa integrazione con causale Covid-19 riferibile al singolo lavoratore oppure all'unità produttiva nel suo complesso, così come prevede invece la disciplina dettata dal D.Lgs. 148/2015.
Orbene, oltre che motivi legati a ragioni di lampante discriminatorietà e disparità di trattamento che si verrebbero a creare fra lavoratori della stessa azienda, qualora si accogliesse tale ultima soluzione, plurimi elementi testuali militano in ogni caso in favore della prima.
Innanzitutto, depone in tal senso l’assenza nel testo del DL 17 marzo 2020, n. 18 di qualsiasi riferimento sia all’unità produttiva che al richiamato D.Lgs. 148. Così è per l'Art. 22, che nel prevedere la possibilità per le Regioni e Province autonome di riconoscere trattamenti di cassa integrazione salariale in deroga, ne stabilisce per l’appunto il limite in 9 settimane, facendo espresso riferimento alla “durata della sospensione del singolo rapporto di lavoro”.
E così è anche per l’Art. 19 che, nell’individuare i destinatari della possibilità di "presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all'assegno ordinario con causale "emergenza COVID-19", indica i datori di lavoro che "nell'anno 2020 sospendono o riducono l'attività lavorativa per eventi riconducibili all'emergenza epidemiologica da COVID-19".
Inoltre, anche l’invito espresso dai vari Dpcm nei confronti delle aziende di fare ricorso a ferie e permessi prima che ai vari ammortizzatori, non pare lasciare dubbi circa il fatto che il limite di 9 settimane di cassa integrazione, con causale Covid-19, si riferisca al lavoratore.
E del resto a confermare tale interpretazione è intervenuto da ultimo il nuovo D.L. n. 23 dell’8 aprile 2020, il quale, ai sensi dell’art. 41, comma 2, estende i benefici di cui all’art. 22 del cit. D.L. n. 18/2020 anche ai lavoratori assunti tra il 24 febbraio ed il 17 marzo 2020 (con ciò escludendo che il limite di 9 settimane di cig possa riferirsi all'unità produttiva nel suo complesso).
Altra questione di interesse riguarda la regolamentazione della Cassa integrazione guadagni in deroga (cigd) che, come visto, l’art. 22 affida alle singole Regioni o Province Autonome, limitandosi a stabilirne la durata massima (9 settimane), ma senza dire alcunché né sull’arco temporale cui la richiesta possa fare riferimento - a differenza della Cigo e del Fis (per le quali invece l'Art. 19, oltre a limitarne la durata anch’essa in 9 settimane, ne ha stabilito il periodo di possibile fruizione dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020) – né sull’efficacia degli accordi sindacali richiesti per l’accesso a tale sussidio.
La prima questione relativa alla decorrenza temporale cui potrebbe operare il sussidio, sembrerebbe essere stata risolta dal Ministero del Lavoro con la Circolare n. 8 dell’8 aprile 2020, che, al punto 4 (“Cassa integrazione in deroga, art. 22 D.L. n./18”), al primo cpv. ha sostanzialmente esteso la fruibilità della cigd “a decorrere dal 23 febbraio 2020”.
Tuttavia, in assenza di una specifica previsione legislativa l'interprete non potrà non fare riferimento anche alle singole regolamentazioni regionali.
In particolare, per quel che riguarda la Regione Calabria, l'Accordo quadro sottoscritto con le OO.SS. il 23/03/2020, ne ha stabilito il periodo di trattamento (analogamente a quanto prevede l’art. 19 per Cigo e Fis) a decorrere dal 23 febbraio 2020 e limitatamente ai dipendenti già in forza alla medesima data, ed ha altresì reso sostanzialmente facoltativa la sottoscrizione dell’accordo sindacale.
Si legge, infatti, all’art. 3 pag. 5 dell’Accordo quadro, che: <<IN MANCANZA DELLA DEFINIZIONE, il datore di lavoro, può presentare la domanda di CIGD allegando l’evidenza dell’informativa data alle OO.SS.; l’Informativa deve attestare l’esistenza di un pregiudizio per l’attività aziendale e/o per i lavoratori coinvolti che giustifichi il ricorso alla CIGD. Il trattamento di CIGD previsto nell’accordo sindacale non potrà superare le nove settimane>>.
La modifica intervenuta da ultimo, con il nuovo D.L. appena pubblicato in Gazzetta (il n. 23 dell’8 aprile 2020, all’art. 41, comma 2), indurrà in ogni caso la stessa Regione ad estendere i benefici di cui all’art. 22 del cit. D.L. n. 18/2020 anche a quei lavoratori che siano stati assunti tra il 24 febbraio ed il 17 marzo 2020.
La Regione Lazio, a sua volta, nell’Accordo Quadro sottoscritto il 24/03 u.s., analogamente alla Regione Calabria, aveva stabilito l’efficacia retroattiva del sussidio in esame a far data dal 23 febbraio 2020 (art. 4), ma con riferimento all’efficacia degli accordi sindacali, ne ha riconosciuto l’obbligatorietà, limitandosi tuttavia a introdurne una forma semplificata per la relativa sottoscrizione.
In particolare, l’art. 6 prevede che <<La procedura sindacale deve esaurirsi entro 3 giorni successivi a quelli della comunicazione preventiva. La sottoscrizione dell’accordo si considera avvenuta anche con allegazione di un’autocertificazione in cui le Parti dichiarano di condividere i contenuti dell’accordo di CIGD>>.
In conclusione, può dirsi complessivamente che il quadro si palesa assai complesso (ancorchè sia intervenuto, la notte dell’8 aprile, il D.L. n. 23/2020, introducendo modifiche che erano ampiamente attese): da un lato, si registrano molteplici forme di sussidio nel caos normativo e interpretativo; dall'altro, regolamentazioni regionali difformi, in assenza di una completa disciplina nazionale, comportano il concreto rischio di creare situazioni inique e disomogenee sul territorio, a maggior ragione laddove a richiedere la cigd siano imprese plurilocalizzate.
Nel corso della stesura del presente articolo, è stata pubblicata la Circolare dell’8 aprile u.s. del Ministero del Lavoro che ha esteso la cigd alle Aziende in almeno cinque regioni (ad esempio: la distribuzione) e ha ampliato altresì le tutele per i lavoratori stabilendo che anche i dipendenti di imprese fallite ne potranno fruire.
Altra novità, il diritto alla cigd scatta adesso sia per le sospensioni che per le riduzioni di orario. Tuttavia, permangono ancora dubbi su alcune previsioni contenute nella Circolare circa la necessità che le domande di cigd debbano essere corredate dall’accordo sindacale (come previsto dal <comma 1 dell’articolo 1, del Dl 18/2020>). Tale previsione sembra non essere affatto appropriata, atteso che nell’articolo 22, comma 1, del D.L. n. 18, l’accordo di cui si parla è di <livello> regionale.
Ancora una volta non si comprende quale debba essere l’indirizzo corretto cui attenersi sul tema dell’accordo sindacale.
Avv. Nicolò Schittone
(Partner LMCA Studio Legale)
in collaborazione con l’Avv. Sara Greco
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Redazione Alma Laboris