Alma Laboris Business School - Anche l’occhio vuole la sua parte: il marchio "Chiara Ferragni"

Anche l’occhio vuole la sua parte: il marchio "Chiara Ferragni"

Anche l’occhio vuole la sua parte: il marchio "Chiara Ferragni"

La sentenza del Tribunale UE dell’8 febbraio 2019 di annullamento della decisione della Commissione di ricorso EUIPO del 17 luglio 2017 relativa alla  domanda di marchio dell’Unione Europea per i prodotti nelle classi 18 e 25, offre uno spunto di riflessione sui criteri di valutazione della confondibilità tra segni e costituisce un ripensamento dell’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia di marchi complessi secondo cui l’elemento verbale del segno ha, in linea di principio, un impatto sul consumatore più forte rispetto a quello figurativo.

 

La  Commissione di ricorso EUIPO confermava la decisione della Divisione di opposizione e concludeva inopinatamente per la sussistenza di un rischio di confusione tra la domanda di marchio UE e la registrazione di marchio anteriore verbale “CHIARA” in classe 25, per identità merceologica, nonché individuando nell’elemento denominativo la parte dominante e distintiva del marchio richiesto, senza attribuire sufficiente importanza all’elemento figurativo dell’occhio azzurro dalle ciglia lunghe e nere.

Chiara Ferragni LogoL’ostinazione dei titolari di proseguire in difesa del marchio, nonostante l’esito negativo delle precedenti fasi è stata ripagata, visto che il Tribunale UE ha respinto la aprioristica gerarchia tra la parte denominativa e la parte figurativa di un marchio complesso, precisando che l’indagine dovrà considerare se per forma, dimensioni, colore, collocazione, l’elemento figurativo possa occupare una posizione equivalente a quella dell’elemento denominativo. In sostanza, dovranno essere valutate le qualità intrinseche dell’elemento figurativo e quelle dell’elemento denominativo, nonché le loro rispettive posizioni al fine di identificare la componente dominante. E ciò indipendentemente dal principio secondo cui il consumatore è portato più facilmente a ricordare il marchio citandolo per nome piuttosto che descrivendone l’elemento figurativo.

 

In particolare, la sentenza afferma che:

“L’elemento figurativo del marchio richiesto è un disegno di fantasia rappresentante un occhio azzurro con lunghe ciglia nere. L’occhio è stilizzato in modo peculiare e può essere percepito dai consumatori come un elemento elaborato e originale, che sarebbe facilmente memorizzabile. Non può quindi essere descritto come un semplice elemento figurativo o come puramente decorativo. Inoltre, detto elemento figurativo non presenta alcun nesso con i prodotti delle classi 18 e 25 e non può essere considerato descrittivo di tali prodotti. Ne consegue che l’elemento figurativo è dotato di un carattere distintivo intrinseco, che sarà preso in considerazione dal consumatore medio. In secondo luogo, l’elemento figurativo è posto al di sopra dell’elemento denominativo e le sue dimensioni all’interno del marchio richiesto superano notevolmente, in altezza, quelle dell’elemento denominativo”.

 

Secondo il Tribunale, tenuto conto del metodo di acquisto dei prodotti nelle classi 18 e 25, il confronto visivo tra i segni deve prevalere. I prodotti sono generalmente venduti in negozi self-service e, quand’anche il consumatore venisse assistito da un venditore, avrebbe comunque la possibilità di vedere i prodotti prima dell’acquisto. Anche senza tenere conto dell’originale elemento figurativo tale da attirare l’attenzione ad un primo sguardo, a livello visivo, comunque, l’elemento di differenziazione «ferragni» è più importante rispetto all’elemento di somiglianza «chiara» di conseguenza, va escluso il paventato rischio di confusione e/o di associazione per il pubblico.

Avv. Emidia Di Sabatino
(Docente del Master Giuristi d’Impresa e del Master Export Management: Commercio Internazionale e Nuovi Mercati)

 

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