Lo scorso 8 gennaio, il Ministero dello Sviluppo Economico, ha inviato alla Commissione Europea la proposta di Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC). Il documento, così come dichiarato dal ministero stesso, seguirà un percorso di consultazione a tutti i livelli comprendendo, oltre agli stakeholder istituzionali e privati, anche le parti sociali. La versione definitiva sarà redatta entro la fine dell’anno.
Proposta di Piano Nazionale Integrato Energia e Clima
Il PNIEC ha il compito di definire le traiettorie e le strategie politiche che dovranno essere implementate in ambito energetico e ambientale entro il 2030. Gli obiettivi, basati sui valori stabiliti in sede comunitaria per il nostro Paese, riguardano l’incremento dell’efficienza energetica, il ricorso alle fonti rinnovabili e la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Fondamentali sono dunque gli scenari di evoluzione che il Piano propone e che quantificano i risultati a cui l’Italia ambisce.
Sulla base di quest’ultimi il Piano prevede una riduzione dei consumi di energia primaria (rispetto allo scenario di riferimento PRIMES 2007) del 43% rispetto ai valori del 1990, ben oltre l’obiettivo EU del 32,5%. Sul fronte fonti rinnovabili si assume un contributo minimo del 30% sui consumi finali lordi, contro un obiettivo comunitario del 32%, dunque leggermente superiore. Come contropartita si osserva tuttavia la quota del 21% di fonti rinnovabili nel settore dei trasporti, mentre per l’Unione europea l’obiettivo è stabilito pari al 14%. I risultati, in termini di emissioni di CO2, prevedono una riduzione del 33% rispetto al 2005 per tutti i settori non ETS, tre punti percentuale oltre il valore comunitario.
Come sempre, in questi casi, si assiste a reazioni contrastanti; da una parte le istituzioni governative sottolineano i più ambiziosi obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2, il nuovo approccio alle politiche energetiche dei prossimi 10 anni e l’importante lavoro che ha coinvolto tutti i policy maker. Oggettivamente significativo risulta essere la quota proposta per le fonti rinnovabili nel settore dei trasporti che attualmente copre tra il 5% e il 6% del fabbisogno complessivo e che si vuole portare, come detto, ad oltre il 21% nel 2030.
Dall’altra si mette in evidenza il poco coraggio nello spingersi verso traguardi più importanti, soprattutto alla luce delle difficoltà d’intesa emerse nell’ultima Conferenza delle Parti di Katowice in Polonia e dalle recenti proiezioni dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). Queste evidenziano come sia necessario, per provare a raggiungere l’obiettivo di non incrementare la temperatura media globale oltre 1,5 °C, abbattere completamente le emissioni nette entro il 2050, con un impegno maggiore da parte dei Paesi con più alta capacità economica.
Altra critica è stata mossa per quanto riguarda l’obiettivo della quota di rinnovabili, al di sotto del target EU. La tesi proposta dal Governo rispetto alla “indicatività” dell’obiettivo con impegno di revisione futura non convince le associazioni ambientaliste che ribadiscono come, in una fase nella quale viene richiesto un’accelerazione dello sforzo, si propone una strategia attendista soprattutto da quella parte del Governo che ha fatto del tema rinnovabile un fulcro del proprio programma.
Non resta dunque che aspettare il naturale percorso della proposta che si svilupperà, nella sua forma definitiva, durante il corso dell’anno. Le critiche sono note e il Governo dovrà darne risposta accogliendole o difendendo le sue scelte.
Dott. Antonio Siciliano
(Coordinatore Scientifico e Docente: Master Energy Management)