Internazionalizzazione: la chiave per la crescita aziendale
Le imprese italiane hanno rafforzato il loro livello di internazionalizzazione.
Secondo il rapporto Istat 2016, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2013 soltanto le imprese italiane che hanno anche una presenza all’estero avrebbero conosciuto la crescita economica, migliorando sia dal punto di vista degli addetti (+0,6%) sia in termini di valore aggiunto (+6%).
L’attività delle imprese italiane con controllate estere è in ulteriore crescita: nel biennio 2014-2015, il 61,4% delle multinazionali industriali italiane ha realizzato o programmato nuovi investimenti all’estero (+7% rispetto al biennio 2012-2013). Non sono più i confini europei a dettare l’agenda degli investimenti, quanto, soprattutto quelli al di fuori del vecchio continente. Le imprese, infatti, stanno garantendo sempre di più all’Asia (Cina e Giappone) e agli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti puntano sul Made in Italy
Le esportazioni di beni e servizi hanno registrato un aumento del 4,3% rispetto al 2014, hanno superato i 143 miliardi di export e il saldo commerciale è migliorato, con un attivo di 45,2 miliardi. Sono 214mila le imprese esportatrici che hanno venduto all’estero prodotti per un valore medio di 1,9 milioni.
Nel 2015 è stato il Nord America a trainare la corsa dell’export di prodotti made in Italy; il saldo è passato da 18 a 24 miliardi di euro, con una crescita delle esportazioni verso gli Stati Uniti del 21%. L’Italia risulta il secondo Paese fornitore degli Usa, un risultato frutto del rafforzamento del dollaro sull’euro, della ripresa dell’economia americana e delle attività di promozione del made in Italy su questo mercato. Il Governo italiano ha investito, infatti, 60 milioni solo nei settori della moda, dell’agroalimentare e sostenuto iniziative in altri settori.
Tra i Paesi destinatari delle esportazioni italiane, si piazzano sul podio Germania (51.023 milioni, +1,8% rispetto al 2014), Francia (42.548 milioni, +1,3%) e Stati Uniti (35.989 milioni, +20,9%). Il mercato cinese che, insieme a quello giapponese, offre delle interessanti opportunità, occupa la nona posizione. Sarebbe necessario, infatti, rafforzare l’export verso questi Paesi emergenti i quali potrebbero potenziare il livello di internazionalizzazione delle imprese italiane.
Export dell’agroalimentare italiano al top, +12,1%
Con un aumento record del 12,1% è l’agroalimentare Made in Italy a far registrare la maggiore crescita delle esportazioni. Così la Coldiretti dall’analisi sui dati Istat relativi al commercio estero nel mese di maggio 2016 dalla quale si evidenzia che l’agroalimentare Made in Italy va incontro quest’anno verso un nuovo record delle esportazioni che già nel 2015 si erano attestate sul valore massimo di sempre a 36,9 miliardi di euro.
La crescita maggiore si ha all’interno dell’Unione Europea (+13,6%) ma l’aumento dell’agroalimentare è rilevante anche fuori dai confini comunitari con un +9,6%. I 2/3 del fatturato agroalimentare all’estero si ottengono con l’esportazione di prodotti agroalimentari verso i paesi dell’Unione Europea, ma il Made in Italy va forte a tavola anche fuori dai confini europei a partire dagli Stati Uniti (+65,%) che sono il principale mercato di sbocco extracomunitario mentre torna a salire l’export in Russia (+11,5%) dove tuttavia si è verificato un drastico ridimensionamento a causa dell’embargo deciso nei confronti di formaggi, carne, salumi e ortofrutta circa 2 anni fa.
“L’agroalimentare svolge un effetto traino unico sull’intera economia per l’impatto positivo di immagine sui mercati esteri dove il cibo Made in Italy è sinonimo di qualità. Non si è mai consumato così tanto Made in Italy alimentare nel mondo, certamente per le condizioni economiche positive dovute alla ripresa internazionale e ai tassi di cambio favorevoli su mercati importanti come quello statunitense, ma anche perché l’Italia ha saputo cogliere l’opportunità di Expo per raccontare al mondo il modello agroalimentare e i suoi valori unici”.
Roberto Moncalvo, Presidente Coldiretti.