Cassazione Civile: il Compenso agli amministratori delle Spa è pignorabile per intero
I compensi spettanti agli amministratori di una società per azioni, in relazione alle funzioni di gestione della società stessa, sono pignorabili per intero, sussistendo tra le parti un rapporto di natura societaria. È quanto stabilito dalle Sezioni Unite Civili della Cassazione con la sentenza 1545 depositata il 20 gennaio scorso.
Il Caso
Nel caso di specie il giudice dell'esecuzione aveva qualificata come di lavoro autonomo l'attività del debitore (amministratore di una prima società e componente del CdA di una seconda), assegnando alla banca procedente l'intera somma accantonata da terzi a titolo di emolumenti. Successivamente il tribunale aveva revocato l'ordinanza opposta, valutando come parasubordinata la natura delle prestazioni svolte, quindi limitando l'assegnazione a un quinto di quanto originariamente accantonato.
Con l'ordinanza interlocutoria n. 3738 del 4 dicembre 2015, la Terza Sezione Civile della Cassazione cui la procedente era ricorsa, aveva richiesto l'intervento delle S.U. sulla questione di massima di particolare importanza, ossia stabilire se il rapporto tra una spa e il suo amministratore sia qualificabile come di lavoro parasubordinato o autonomo (ovvero estraneo a tale ambito) e, di conseguenza, se il limite di pignorabilità degli stipendi previsto dall'art. 545, c.p.c., comma 4, sia applicabile ai compensi o agli emolumenti dell'amministratore stesso.
Le Sezioni Unite sul Rapporto di Lavoro degli Amministratori
Le Sezioni Unite ripercorrono articolatamente gli anni del serrato dibattito in tema, partendo dalle opposte concezioni dottrinali che sostenevano, da un lato la derivazione negoziale del rapporto tra le parti (teoria cd. contrattualistica) e dall'altro l'immedesimazione dell'organo nella persona giuridica rappresentata (teoria cd. organica), comunque fonte di reciproci diritti e obblighi. L'antinomia tra le tesi era evidente, poiché, mentre la prima individuava due distinti centri di interesse, spesso anche contrapposti, nella seconda mancava la dualità tra i soggetti con l'automatica imputazione alla società del contratto concluso dall'organo rappresentativo.
Di fronte all'eterogeneità delle tesi giurisprudenziali fino a quel momento affermatesi, un primo intervento delle Sezioni Unite (Cass. SS.UU. n. 10680/1994) aveva indicato la natura parasubordinata del rapporto, per la coesistenza di immedesimazione organica e interni rapporti di credito derivanti dall'attività a carattere continuativo, coordinato e prevalentemente personale della persona fisica. Gli orientamenti successivi, tuttavia, tornavano a sostenere la tipologia del contratto autonomo (Cass. n. 19714/2012) o la verosimiglianza di ipotesi diversificate, a seconda dell'esclusività o meno del potere di gestione dell'amministrazione nel singolo caso in concreto (Cass. ord. n. 11448/2014).
Le attuali conclusioni del massimo consesso prendono proprio spunto dall'elemento della coordinazione, sintomatica di un'attività verticalmente eterodiretta, perlomeno come inteso dall'art. 409 c.p.c., per una profonda rivisitazione del tema, ispirata da tutte quelle innovazioni legislative che, negli ultimi anni in campo societario, hanno rivoluzionato ambiti e disciplina dell'intero sistema.
La riforma del diritto societario
"Rende l'amministratore il vero egemone dell'ente sociale", precisano le S.U.: egli esercita la gestione dell'impresa in via esclusiva e strumentalmente al conseguimento dell'oggetto sociale, così come il potere di rappresentanza, conferitogli dallo statuto o dalla deliberazione di nomina, è generale, con un regime di inopponibilità ai terzi delle relative limitazioni, solo condizionato dall'exceptio doli (artt. 2380 bis e 2384 c.c.).
L'elemento di una competenza delimitata e specifica dell'assemblea, circoscritta alle iniziative espressamente riservatele dalla legge e alle autorizzazioni, come da statuto, per gli atti degli amministratori (art. 2364, n. 5, c.p.c.), consente a questi ultimi un'autonomia decisionale veramente inconciliabile con i meccanismi dell'eterodirezione cui soggiace l'attività parasubordinata. La distinzione è fondamentale, rimarcando l'art. 409, n. 3, c.p.c. l'atipicità di rapporti a metà strada tra il lavoro dipendente e quello autonomo, senza vincoli di subordinazione formali, ma, secondo una visione sostanzialista, comunque riconducibili a situazioni effettive di debolezza contrattuale ed economica, connesse alla subalternità del lavoratore vincolato alle direttive altrui.
Al contrario l'amministratore societario può anche decidere di non compiere l'atto, benché autorizzato, non essendo sottoposto ad alcun condizionamento gerarchico, nemmeno qualora si volesse ritenere la sua attività soggetta al coordinamento dell'assemblea dei soci.
Ma più di ogni altro requisito analogicamente richiamato, nella fattispecie ciò che maggiormente rileva per le S.U. è l'ampio riferimento ai rapporti "di società" contenuto nell'art. 3, comma 2, lett. a) del D.Lgs n. 168/2003 (cfr. Cass. n. 14369/2015) che, occupandosi di competenza delle Sezioni specializzate del Tribunale delle Imprese, comprende nell'alveo dei rapporti societari tutte le controversie riguardanti la società e i suoi amministratori, senza distinguere fra quelle inerenti all'agire degli stessi nell'espletamento del rapporto organico e i diritti derivanti a titolo di compenso dall'eventuale contratto stipulato con la società.
A parte la chiara intenzione del legislatore di realizzare la concentrazione delle controversie individuate per materie presso appositi uffici specializzati, il criterio interpretativo è adottato coerentemente con l'elemento dell'immedesimazione organica, personalizzante la perfetta fusione tra formazione della volontà (che attiene a un momento deliberativo interno) e la sua esternazione, in virtù della quale s'imputa alla persona giuridica la condotta dell'organo, indispensabile e funzionale alla vita e all'agire della società stessa.
Al rapporto così configurato non possono pertanto estendersi le limitazioni di pignorabilità previste dall'art. 545, comma 4, c.p.c. che, come disposizione derogante al principio di generale e illimitata responsabilità patrimoniale, si riferisce alla nozione di stipendio e dei corrispettivi di attività lavorative cui si riserva una certa tutela processuale, in considerazione della maggiore forza contrattuale di una delle parti sull'altra e della funzionalità del corrispettivo al soddisfacimento delle primarie esigenze di vita del lavoratore, quale principale fonte di reddito.
Le S.U. non escludono, comunque, tra la società e la persona fisica-organo, l'ipotesi di una parallelo e diverso rapporto (compatibile con le funzioni dirigenziali) che il giudice di merito accerti essere concretamente di natura subordinata, parasubordinata o d'opera, ambito specifico, tuttavia, escluso dal principio, così enunciato per l'amministratore societario nelle sue funzioni tipiche di gestione e rappresentanza dell'ente: "l'amministratore unico o il consigliere di amministrazione di una società per azioni sono legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell'immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente e dell'assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dall'art. 409, n. 3 c.p.c. Ne deriva che i compensi spettanti ai predetti soggetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza i limiti previsti dall'art. 545, comma 4 c.p.c.".
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