Composizione negoziata crisi d’impresa: cos’è e come funziona questo strumento
La composizione negoziata della crisi d’impresa è stata giuridicamente introdotta con il D.L. n. 118/2021, convertito con L. 21.10.21 n.147, entrerà in vigore dal 15 novembre.
Il 28.9 è stato pubblicato anche il DM del Ministero della Giustizia che fissa regole applicative e di esecuzione.
Il legislatore ha ritenuto necessario intervenire a supporto degli imprenditori prevedendo questo nuovo istituto, a cui è possibile accedere per il risanamento dell’impresa. In sintesi, serve ad incentivare gli imprenditori ad attivare una alternativa stragiudiziale utile a prevenire una crisi, oppure a risanare l’azienda già in crisi, ed evitare di incorrere nelle procedure fallimentari.
Chi può accedere al nuovo istituto?
Possono accedere alla composizione negoziata della crisi d’impresa tutti gli imprenditori, sia imprenditori commerciali che agricoli, anche sotto la soglia di fallibilità, che versano in una condizione di squilibrio patrimoniale e che possono incorrere in uno stato di crisi o d’insolvenza, e addirittura anche le imprese che sono in uno stato di insolvenza reversibile.
L’imprenditore interessato deve con i propri consulenti di fiducia provvedere a preparare: una relazione chiara e sintetica sull’attività in concreto esercitata; un piano finanziario per i successivi sei mesi; tutte le iniziative industriali che intende adottare per rilanciare l’azienda; un piano di rientro sostenibile per risanare la debitoria esistente. L’imprenditore una volta che ha approntato i documenti necessari può accedere alla piattaforma presente sul sito della Camera di commercio e presentare istanza per la nomina di un esperto indipendente. L’esperto è un professionista terzo che svolge un ruolo di facilitatore e mediatore (oltre che di verifica della serietà della proposta di piano di risanamento) con le altre parti creditrici interessate al processo di risanamento.
L’imprenditore ha la possibilità di chiedere l’applicazione di misure protettive del patrimonio, fino ad un massimo di 240 gg. ma deve chiedere ratifica al Tribunale.
Le soluzioni di conclusione delle trattative
Le parti, all’esito delle trattative, possono chiedere di concludere la procedura secondo una delle diverse soluzioni descritte dalla normativa, ad esempio: un contratto, con uno o più creditori, che definisca il piano di rientro; oppure una semplice convenzione di moratoria sui debiti; o un accordo sottoscritto da tutte le parti, con tutti gli effetti propri di un piano di risanamento attestato; si può domandare l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti.
Se invece la procedura di composizione non va a buon fine è prevista una norma di chiusura che consente un’uscita ordinata dal mercato ed eventualmente anche il salvataggio di un pezzo di azienda: è stato introdotto infatti il “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”.
L’imprenditore può presentare, nei 60 giorni successivi alla comunicazione della relazione dell’esperto che attesta l’esito negativo delle trattative, una proposta di concordato per cessione dei beni. Il piano di liquidazione può comprendere anche un’offerta da parte di un soggetto individuato, avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda, o di uno o più rami d’azienda, o solo di specifici beni.