II tempo determinato Covid-19: primi passi per divenire il TD del futuro?
II piano della Task Force costituisce un primo passo per la ripresa del sistema produttivo ma non basterà. Necessario è garantire ampia flessibilità di utilizzo della forza lavoro per il rilancio del sistema produttivo. I politici dovranno trovare il coraggio di liberarsi dei troppi vincoli ideologici, azzerando la normativa limitativa del Decreto Dignità. Bisognerà procedere per il recupero dei contratti temporanei 'acausali' con i soli limiti imposti dalle direttive europee.
II tempo determinato Covid-19: primi passi per divenire il TD del futuro?
Il recente Art. 93 del DL n. 34/2020 ha introdotto la possibilità di derogare temporaneamente all'obbligo di indicare 'le causali' introdotte dall'Art. 19 co 1 del DL n. 87/2018 (cd. Decreto Dignità). Il Decreto fu poi convertito nella L. n. 96/2018, a conclusione di un iter parlamentare non molto apprezzato dalle Associazioni datoriali e, in generale, dalle Imprese, che d'incanto videro scomparire uno strumento (quello dei contratti a termine 'acausali') di ampia e comprovata "flessibilità”.
D'altra parte, nulla si può, soprattutto quando la politica ha la presunzione di poter realizzare posti di lavoro...a colpi di decreto, col proposito (per carità, anche ambizioso) irrealistico di poter ridurre l'annosa precarietà nel mondo del lavoro.
II tempo determinato Covid-19, il calo di occupati e i contratti a termine 'acausali'
Ebbene, a distanza di 18 mesi dalle modifiche volute dal Governo giallo-verde, è bastato il picco causato dall'emergenza sanitaria di questi ultimi mesi per ritrovarci di fronte ad un pesantissimo calo di occupati che ha raggiunto in poco tempo un numero impressionante (poco sotto i 400mila dipendenti nei soli mesi di Marzo ed Aprile, di cui 272mila rimasti disoccupati proprio a causa dei mancati rinnovi dei contratti a termine).
Vero che il Legislatore di allora non aveva la palla di vetro per guardare al futuro, né tantomeno poteva prevedere un disastro sanitario mondiale come quello provocato dal Covid-19, ma è certo come la reintroduzione delle 'nuove causali' (inapplicabili nelle realtà aziendali) abbia sostanzialmente reso non più utilizzabili i contratti a termine dopo i primi 12 mesi (fatte salve per le sole causali per 'sostituzione' dei dipendenti con diritto alla conservazione del posto).
Per dirla senza troppi giri di parole, da 'acausali' utilizzabili fino ad un massimo di 36 mesi (ai tempi del Jobs Act), si è passati a contratti a termine 'acausali' fruibili per un massimo di 12 mesi.
II tempo determinato Covid-19, la priorità è ostacolare ogni ostacolo normativo
Si è prodotto un grave danno alla 'flessibilità' del mondo del lavoro, atteso che la 'precarietà' (che il Legislatore del 2018 avrebbe voluto combattere, eliminandola – sic! -per decreto) è stata semplicemente estesa ad una più ampia platea, in quanto le Imprese (a fronte della sostanziale impossibilità di poter utilizzare le causali come delineate nel D. Dignità) si sono orientate a non prorogare i contratti di lavoro alla scadenza del dodicesimo mese, limitandosi a rinnovarli in favore di 'altri ed ulteriori' lavoratori per non incappare nella nullità del termine per violazione della normativa in tema di proroghe/rinnovi. Ad ogni modo, seppure con effetti del tutto temporanei, le misure messe in campo di recente dal Governo, con l'art. 93 del Decreto Rilancio, sono state salutate con favore dalle Imprese.
Tuttavia, con l'avvio della ripresa, le preoccupazioni del Governo non potranno che essere orientate a sostenere l'occupazione e in alcun modo si potrà sottovalutare il crollo del lavoro a termine di questi ultimi mesi di emergenza (specie se non dovessero ripartire i settori rimasti indietro: turismo e trasporti).
Non basterà un decreto che congeli le causali sui rinnovi e proroghe fino al 30 agosto ma occorrerà ben altro! Per difendere l'occupazione ed il lavoro a termine, serviranno decisioni concrete e non più di natura puramente ideologica (come quelle che hanno caratterizzato la conversione del decreto Dignità).
Servirà un cambio di rotta che consenta di sterilizzare le causali non solo sui contratti in essere ma anche (e soprattutto) sulle nuove e future attivazioni di rapporti temporanei. In una situazione così difficile, che ci fa intravedere all'orizzonte solo incertezze per il futuro produttivo del nostro Paese, sarà necessario rimuovere ogni ostacolo normativo che possa ostacolare la ripresa del mondo produttivo. Non serve solo auspicare che, in sede di conversione, del DL Rilancio, si congelino le "causali" anche sui nuovi contratti (soluzione insufficiente e temporanea), ma bisognerà anche pensare ai contratti a termine in una prospettiva non più d'emergenza.
II tempo determinato Covid-19, la task force Colao: cosa ha previsto per i contratti di lavoro
In tale contesto, tuttavia, una delle novità di rilievo è sicuramente quella che si caratterizza con l'intervento della Task Force guidata da Vittorio Colao, noto dirigente e nel passato AD di Vodafone. Una delle principali novità del Piano per la ripartenza della fase 3 del Paese riguarda senza dubbio il settore del 'lavoro' ed in particolare la necessità di proroga dei contratti a termine. Secondo la Task Force molti lavoratori "vedranno cessare in questo periodo di crisi il proprio contratto di lavoro" e "le Aziende non avranno la possibilità o l'interesse a rinnovare o prorogare i contratti a termine, per mancanza di lavoro".
Peraltro, anche se alcune Aziende avessero intenzione di rinnovare il contratto ai loro dipendenti, si troverebbero comunque impossibilitate a farlo di fronte ai pesanti "limiti e vincoli dei contratti a termine", ovvero perchè prossimi al "raggiungimento dei limiti massimi di durata o proroga". E, d'altra parte, bisognerà tener presente che in una condizione di incertezza, come quella attuale, altrettanto difficilmente le Aziende ricorreranno alla stabilizzazione a T.I..
Per la Task Force, in tale stato d'incertezza, si potrà verosimilmente verificare la perdita di numerosi posti di lavoro che, al contrario, potrebbe essere evitata solo permettendo alle Aziende di "continuare ad utilizzare il lavoratore con contratto a termine" al di fuori dei limiti e dei vincoli (senza essere obbligati ad offrire un contratto a tempo indeterminato).
Appare più che razionale quindi la proposta di allentare, anche se in via temporanea, i vincoli sui contratti a termine, la cui scadenza sopraggiungerà entro il dicembre 2020 o che siano scaduti dopo l'inizio del lockdown.
La Task Force ipotizza inoltre di decurtare, dal limite massimo dei 24 mesi complessivi, il periodo compreso tra l'inizio del blocco ed il 31 dicembre 2020, in modo da consentire la "prosecuzione per un periodo significativo dei contratti a termine in corso o appena cessati".
II tempo determinato Covid-19, occorrerà garantire flessibilità della forza lavoro
Altra interessante proposta, quantomai auspicata, appare quella di prevedere altresì la possibilità di prorogare i contratti a termine che siano in scadenza entro la data del 31 dicembre 2020 ancorché si raggiunga il numero massimo di proroghe consentito. Nei fatti, si permetterebbe il prolungamento del rapporto di lavoro a termine anche al di fuori delle condizioni previste dall'art.19, comma 1 del D.Lgs. n. 81/ 2015 (con estensione anche ai contratti di somministrazione a TD).
Non v'e dubbio che le proposte avanzate dalla Task Force guidata da Vittorio Colao siano da attenzionare ai fini della ripresa, dopo il grave calo occupazionale prodottosi in piena emergenza sanitaria. Tuttavia, la soluzione prospettata, seppur prima facie attrattiva e lusinghiera, nella sostanza rischia di rivelarsi una sorta di specchietto per le allodole.
Invero, occorrerà garantire la più ampia flessibilità di utilizzo della forza lavoro per il rilancio del sistema produttivo Paese. I nostri politici dovranno trovare il coraggio di scrollarsi di dosso i vincoli 'ideologici', azzerando la normativa limitativa imposta dall'oramai superato Decreto Dignità. Bisognerà cioè procedere al recupero dei contratti temporanei 'acausali' con i soli limiti massimi imposti dalle direttive europee, ridando giusta (questa sì) dignità al bisogno di flessibilità.
Nicolò Schittone
Socio Senior Partner in 'LMCA Studio legale'
(Avvocato Cassazionista. Da anni Socio A.I.D.P. e Socio A.G.I.. Specializzato su questioni attinenti ii diritto del lavoro,sindacale, previdenziale e delle relazioni industriali.
Docente nel Master 'Giuristi d'Impresa', accreditato dal C.N.F., ed organizzato a livello nazionale dalla Scuola di Alta Formazione Giuridica "ALMA LABORIS Business School".