Il valore esimente del Modello 231 e la responsabilità amministrativa delle società e degli enti
Benché per effetto di quanto sancito dal D.Lgs. n. 231/2001 si sia realizzata una profonda innovazione del nostro sistema penale, ovvero l’introduzione nel nostro ordinamento della responsabilità da reato degli enti, a distanza di circa 18 anni tale si continua a registrare una diffusa ritrosia, da parte delle figure apicali delle aziende a optare per l’adozione e l’efficace attuazione di un Modello di Organizzazione, Gestione e controllo idoneo a prevenire la perpetrazione di reati.
Soggetti interezzati dal D.Lgs. 231/01
Il dato assume maggiore rilevanza se soltanto ci si soffermi a considerare quanto ampio sia il campionario dei soggetti interessati all’applicazione di quanto previsto dal D.Lgs. 231/01, tanto da comprendere tutti gli enti forniti di personalità giuridica, le società e associazioni anche prive di personalità giuridica, in particolare:
- enti e associazioni forniti di personalità giuridica;
- società di capitali e di persone;
- società cooperative;
- comitati ed associazioni prive di personalità giuridica;
- enti pubblici economici;
- enti privati concessionari di un pubblico servizio;
- associazioni (riconosciute e non riconosciute) e fondazioni.
Per essere ancora più chiari, sono soggetti all’ambito di applicazione del D.Lgs. 231/01 le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le S.r.l. (anche con un unico socio), le S.p.a. con partecipazione dello Stato o di Enti pubblici, le società estere con sede secondaria nel territorio dello Stato, le società di intermediazione mobiliare, le imprese di investimento di capitale variabile, le società di investimento e di gestione di fondi comuni di investimento, le società di revisione, le società sportive, le società cooperative, le mutue assicuratrici, le società semplici, le S.n.c. e le S.a.s.[1]
Responsabilità 231
A ciò si aggiunge l’altrettanto ampio campionario dei reati presupposto[2] ovvero quella serie di reati che il Legislatore ha indicato come “fonti di innesco” della responsabilità 231. Se ciò non bastasse, risulterà utile un rapido esame del sistema sanzionatorio collegato al regime di responsabilità 231, sanzioni che si aggiungono a quelle che colpiscono la persona fisica che ha realizzato materialmente il reato. Il D.Lgs. 231/2001, infatti, si fonda su un sistema punitivo particolarmente incisivo dal quale possono scaturire sanzioni pecuniarie di massima rilevanza e misure interdittive che possono arrivare alla sospensione o revoca di licenze e concessioni, divieto di contrarre con la P.A., interdizione dall'esercizio dell'attività, esclusione o revoca di finanziamenti e contributi, divieto di pubblicizzare beni e servizi, peraltro applicate da un giudice ordinario al termine di un procedimento penale.
Si tratta di tre elementi che, a ben vedere, avrebbero dovuto segnare il successo del Modello 231 che, invece, continua a registrare la scarsa propensione – da parte dei soggetti interessati - ad essere adottato ed efficacemente attuato per la prevenzione dei reati e per risultare esenti dalla responsabilità che ne scaturisce.
Cos'è Modello 231?
Ci si domanderà, allora, in cosa consista il Modello 231, ovvero, il modello organizzativo e gestionale previsto dal D.Lgs. n. 231/2001. Si tratta di dare efficace attuazione a un sistema strutturato di principi di comportamento, procedure operative, presidi di controllo e sanzioni disciplinari sulle cui basi la società/ente può articolare la propria organizzazione interna, allo scopo di minimizzare i rischi di commissione di fatti illeciti nello svolgimento dell’attività aziendale.
I più attenti esperti professionisti avranno saputo cogliere la forte analogia con lo strumento previsto dalla disciplina della Sicurezza e Salute sul Lavoro o delle certificazioni qualità di cui continuano a dotarsi un numero crescente di imprenditori. Rispetto a questi ultimi strumenti, inoltre, al Modello 231, l'art. 6 del Decreto 231/01 attribuisce il valore di esimente, ricollegandovi una forma specifica di esonero dalla responsabilità 231, proprio nel caso in cui l'Ente sia in grado di dimostrare che “l'organo dirigente dell'Ente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”.
Già alla luce di questa sintetica analisi, potrà apparire in tutta la sua evidenza quanto maggiore dovrebbe essere il livello di attenzione che imprese ed enti dovrebbero riporre nella disciplina di cui al D.Lgs. 231/2001, al punto da dover rilevare, quasi come necessario, adottare ed efficacemente attuare il Modello 231.
In conclusione, giova ricordare che la valutazione della idoneità del Modello 231 spetta al giudice penale ed è quindi una valutazione che - quasi sempre avviene ex post - rispetto alla realizzazione di un reato presupposto e di un danno.
Una circostanza di cui si deve tener conto nella fase di elaborazione del Modello 231 - quindi, di adozione - nonché in quella – a ciclo continuo – di efficace attuazione, quindi di implementazione del modello, così come previsto dall’art. 7, D.Lgs. n. 231/2001, al fine di poter scongiurare il giudizio di responsabilità.
Per completezza, deve altresì evidenziarsi che il Modello 231, oltre a essere un utile strumento di prevenzione del rischio-reato, può assicurare anche una funzione di natura riparatoria, nei casi in cui la sua adozione o il suo adeguamento si realizzi post delictum purché ricorrano le condizioni di cui agli artt. 12 e 17, D.Lgs. n. 231/2001, con il beneficio di poter ottenere una considerevole riduzione della sanzione pecuniaria nonché l’inapplicabilità delle sanzioni interdittive.
[1] Sono escluse dall’ambito soggettivo di applicazione della disciplina in trattazione, le imprese individuali, inclusa l’impresa familiare (art. 230-bis c.c.) come ha precisato Corte Cass. n. 18941/04.
[2] I reati presupposto sono previsti dagli artt. 24 - Art. 25 duodecies del D.Lgs. 231/2001.