Riforma del copyright: cos’è l’Articolo 11
La Riforma del copyright, approvata lo scorso settembre, si propone l’obiettivo di aggiornare le regole del diritto d’autore nell’Unione europea.
La direttiva Ue sul diritto d’autore ha avuto il merito di armonizzare le leggi sul copyright dei singoli Stati membri, dando delle linee direttive per l’elaborazione dei regolamenti interni, ma presenta dei punti fortemente contestati.
In particolare, utenti ed esperti contestano l’articolo 11 della Riforma copyright, che introduce l’obbligo per le piattaforme online (come Google e Facebook) di procurarsi una licenza preventiva dagli editori che detengono i diritti sulle informazioni diffuse.
La Riforma europea sul copyright
Il Parlamento europeo ha approvato la Riforma copyright che ha l’obiettivo di tutelare le pubblicazioni a mezzo stampa, ridurre il divario tra i profitti realizzati dalle piattaforme Internet e quelle dei creatori dei contenuti, e soprattutto, promuovere la collaborazione tra queste due categorie. Gli obiettivi della riforma copyright sono: dare un maggiore accesso transfrontaliero ai contenuti online, migliorare il funzionamento del mercato del diritto d’autore, favorire l’equilibrio finanziario tra i creatori di opere e gli editori di siti web ed i fornitori di piattaforme online.
Tuttavia non mancano i dubbi e le perplessità. Tra gli articoli più contestati compaiono sicuramente l’articolo 13 le l’articolo 11, che ha ad oggetto il riconoscimento agli editori della stampa del diritto d’autore sull’uso delle proprie pubblicazioni da parte delle piattaforme e degli aggregatori di notizie online.
In particolare, l’articolo 11 della Direttiva Ue - recante il titolo “Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale"- prevede l’obbligo per le piattaforme online che pubblicano snippet (cioè frammenti ed esempi di codice sorgente) a munirsi una licenza preventiva da parte del detentore dei diritti.
Molti utenti hanno segnalato che l’articolo 11 provoca degli effetti negativi per i siti che diffondono notizie, sia in termini di traffico che di visibilità online, ciò perché le piattaforme come Google oppure Facebook potrebbero rifiutarsi di pagare il compenso richiesto su determinati articoli, con la conseguenza di diminuire drasticamente il traffico in entrata verso i siti.
La direttiva sul copyright e l’articolo 11
Nonostante l’indiscusso merito di aver armonizzato le leggi nazionali sul copyright, la Riforma Ue suscita forti dubbi. A far discutere è soprattutto l’articolo 11, soprattutto negli Stati in cui i gruppi editoriali hanno maggiori difficoltà economiche e vedono nei compensi delle piattaforme d’informazione una soluzione, seppur parziale, ai loro problemi.
Dunque, l’articolo 11 si propone l’obiettivo di bilanciare il rapporto tra le piattaforme online (come Google e Facebook e molti altri) e gli editori, per fermare lo sfruttamento dei contenuti editoriali.
La questione non è affatto semplice: da una parte gli editori accusano i grandi social network ed i motori di ricerca di sfruttare i loro contenuti senza offrire nessun compenso (si pensi ad esempio alle Newsfeed di Facebook), dall’altra parte le piattaforme online, invece, sostengono che la loro funzione di informazione non faccia altro che favorire gli interessi degli editori.
Tuttavia, per come è stato architettato, l’articolo 11 favorisce la posizione degli editori ma, tuttavia, alcuni pensano che il possibile rifiuto di pagare da parte delle piattaforme online possa danneggiare i gruppi editoriali più piccoli.
La Direttiva in questione stabilisce anche che ogni Stato membro deve assicurarsi che i compensi destinati agli editori siano equi rispetto all’uso dei contenuti da parte dei fornitori di servizi di informazione, senza però precisare le modalità di valutazione di questa equità. Precisiamo che l’articolo 11 non si applica ai progetti di conoscenza condivisa, come ad esempio Wikipedia.
L'Articolo 13
L’altro articolo molto discusso della direttiva europea sul copyright è il 13, quello che continua a suscitare le maggiori preoccupazioni per la libera circolazione dei contenuti. Prevede che le piattaforme online esercitino una sorta di controllo su ciò che viene caricato dai loro utenti, in modo da escludere la pubblicazione di contenuti protetti dal diritto d’autore e sul quale gli utenti non detengono diritti. L’idea è che ogni fornitore di servizi online si metta d’accordo con le case editrici, cinematografiche e discografiche per dotarsi di una licenza che gli permetta di ospitare contenuti coperti da copyright. I critici della direttiva temono che i fornitori siano costretti a dotarsi di un sistema simile a “Content ID”, la tecnologia utilizzata da anni da YouTube proprio per evitare che siano caricati video che violano il copyright sul suo sito. Il sistema dovrebbe bloccare il caricamento evitando la diffusione di un video, un file musicale o altri contenuti, evitando la violazione.
I contrari hanno fatto notare che, per sviluppare “Content ID”, YouTube ha speso svariati milioni di dollari, e che nonostante sia il miglior sistema in circolazione, non sempre funziona al meglio e talvolta porta alla censura immotivata di alcuni contenuti. Che le piattaforme e i fornitori di servizi si dotino di un sistema analogo sembra improbabile, sia per i costi sia per le difficoltà tecniche che deriverebbero.
I promotori delle modifiche ricordano invece che le soluzioni proposte, e via via corrette e integrate nella direttiva, danno la possibilità di avere licenze più adeguate da applicare online, tutelando meglio i diritti degli autori. Anche per questo motivo l’articolo 13 ha trovato nelle etichette discografiche, nelle associazioni degli autori e nelle major del cinema i principali sostenitori.