Alma Laboris Business School - Marchio, solo l'uso effettivo evita la decadenza. Il caso Lambretta

Marchio, solo l'uso effettivo evita la decadenza. Il caso Lambretta

Marchio, solo l'uso effettivo evita la decadenza. Il caso Lambretta

Cassazione Civile, sez. I, sentenza 28/03/2017 n° 7970. In tema di marchio nazionale, la mera rinnovazione della registrazione non costituisce uso del marchio e non ne impedisce, quindi, la decadenza.

 

L'attore che agisce per la declaratoria di decadenza di un marchio registrato può assolvere l'onere di provare il non uso nell'intero territorio nazionale anche in via indiretta e presuntiva, purché con la prova di circostanze significative e concordanti. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sez. I Civile, con la sentenza n. 7970 del 28 marzo 2017.

 

Il caso

Una società indiana aveva acquisito nel 2002 il ramo d'azienda motoveicoli della Innocenti, incluso il marchio "Lambretta". Nel 2007 una società olandese depositava domande di registrazione con lo stesso termine, e la società indiana si rivolgeva al Tribunale, e la Corte di Appello riteneva decaduto il marchio per mancato uso. La società indiana ricorre per cassazione, che rigetta il ricorso.

 

La decisione

La Suprema Corte contrasta il motivo di ricorso che vorrebbe riconosciuta la rilevanza della persistente notorietà del marchio "Lambretta": «L'assunto della ricorrente, secondo cui rivestirebbe rilevanza il dato della persistente notorietà del marchio "Lambretta" - di cui il pubblico avrebbe conservato il ricordo ben oltre il momento in cui sarebbe venuta meno l'attività di importazione degli scooter dall'India - non può essere condiviso: e ciò in quanto è lo stesso art. 42, 1° co. I. marchi a correlare la decadenza al diverso elemento della mancata "utilizzazione" del segno».

Precisa ulteriormente che «Non è dunque richiesto che il marchio, per decadere, abbia completamento perduto la sua capacità distintiva. Tale condizione, oltre a non essere prevista, e ad essere estranea - come si è appena avvertito - al senso della disciplina sulla decadenza, sarebbe, del resto, di problematica constatazione in concreto e genererebbe, in conseguenza, gravi difficoltà di ordine pratico. D'altro canto, è sempre possibile che il consumatore conservi memoria di un marchio decaduto. Ma è significativo che tale circostanza non sia, in sé, nemmeno ostativa alla registrazione di un marchio ad esso identico o simile, essendo sufficiente, per il requisito della novità, che il primo sia decaduto per "non uso" [art. 12, 2° co. c.p.i. e art. 17, lett. d) I. marchi, nel testo modificato col d.lgs. n. 480/1992]».

 

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In merito all'onere della prova nel previgente assetto normativo, la Cassazione afferma che «In base alla giurisprudenza formatasi sul testo originario del r.d. n. 929/1942 - e cioè in base alla disciplina normativa che qui rileva - l'attore che agisca per la declaratoria di decadenza di un marchio brevettato, e che ha l'onere di provare il non uso di quel marchio nell'intero territorio nazionale, può assolverlo anche in via indiretta e presuntiva, purché con la prova di circostanze significative e concordanti idonee ad evidenziare tale non uso (Cass. 10 maggio 1984, n. 2866); in particolare, l'onere probatorio in questione, affinché non ne risulti praticamente impossibile l'adempimento, va inteso non nel senso che debba fornirsi la concreta dimostrazione del fatto storico che nessun oggetto contraddistinto col marchio contestato sia stato prodotto o venduto in alcuna località del territorio nazionale, ma nel senso che, accertate particolari circostanze connesse alla vita del marchio, il mancato uso di questo possa essere desunto anche in via di presunzione, avuto pure riguardo alla possibilità che normalmente ha il suo titolare di contestare il valore presuntivo degli elementi dimostrati dalla parte avversa (Cass. 9 dicembre 1977, n. 5334)».

Infine il Collegio, prima di rigettare il ricorso, affronta l'ulteriore motivo di ricorso con il quale la società indiana attaccava la pronuncia impugnata «laddove assume che la rinnovazione della registrazione di un marchio non usato, ma ancora noto al mercato, non abbia effetto. La Corte di merito, secondo l'istante, aveva negato rilievo alla rinnovazione della registrazione del marchio, come elemento rilevante ai fini dell'impedimento della decadenza, ma aveva omesso di esaminare se la ripresa dell'uso, insieme al predetto rinnovo della registrazione, prima che il ricordo del marchio fosse svanito e che il segno avesse cessato di rappresentare per i consumatori un'indicazione della provenienza imprenditoriale dei prodotti, fossero idonei ad impedire l'appropriazione da parte di terzi del segno stesso».

Ma anche tale motivo, per la Corte, «non coglie nel segno. Come rettamente osservato dalla Corte di appello, il "rideposito" effettuato al maturare del periodo di decadenza dalla prima registrazione, ancorché possa essere considerato indice della volontà di utilizzare, prima o poi, quel marchio, non vale a superare la sanzione voluta dal legislatore (Cass. 6 ottobre 2008, n. 24637). Né la rinnovazione del deposito poteva impedire la decadenza in uno con la ripresa dell'uso, dal momento che la riabilitazione non si applica, come spiegato, ai marchi per cui è causa, decaduti prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 480/1992. La pronuncia impugnata non è dunque efficacemente censurata con riguardo ai profili in esame».

 

Osservazioni

La vicenda riguarda un marchio registrato in anni risalenti: nella disciplina anteriore alla riforma del 1992, la decadenza per non uso si verificava dopo tre anni, quindi nel caso di specie dalla cessazione dell'importazione, avvenuta nel 1985.

Attualmente la decadenza è disciplinata dall'art. 24 del Codice della proprietà industriale, che prevede un periodo di cinque anni.

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