Violazioni ambientali e obbligo di bonifica: la sentenza del Consiglio di Stato
Con la sentenza n. 4875 del 21/11/2016, il Consiglio di Stato ha affrontato lo scottante tema degli obblighi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale ricadenti in capo al proprietario del terreno non colpevole dell’illecito di abbandono di rifiuti.
Il Caso posto innanzi al Tribunale Amministrativo
La vicenda traeva origine dal ricorso proposto innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Veneto da parte di una società per l’annullamento di un’ordinanza con cui il sindaco del Comune ove era situato un terreno di proprietà della stessa società le aveva ingiunto di predisporre un progetto di bonifica e di recupero ambientale del terreno sui cui era sorta – all’insaputa degli organi sociali – una discarica abusiva di rifiuti speciali, richiedendo altresì l’attuazione del progetto di bonifica e recupero.
Il TAR del Veneto ha accolto il ricorso e ha conseguentemente annullato il provvedimento impugnato in primo grado non potendo, nel caso di specie, la società ricorrente essere qualificata come responsabile della condotta di abbandono dei rifiuti.
La sentenza veniva impugnata in appello dal Comune di Crocetta del Montello il quale ne richiedeva la riforma per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. L’Ente pubblico rilevava, in particolare, l’errore in cui era incorso il Giudice di prime cure per aver non aver ritenuto sussistenti specifici obblighi di bonifica e recupero ambientale in capo alla società proprietaria del terreno poiché quest’ultima non poteva ritenersi direttamente responsabile dell’interramento e dell’abbandono dei rifiuti.
Sotto il profilo giuridico, il Comune appellante metteva in evidenza che la responsabilità del proprietario incolpevole è esclusa sulla base della normativa intervenuta dopo il 1997 (i.e.: all’indomani del D.Lgs. 22/1997, decreto emanato in attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), ma non anche in relazione a vicende che (come quella relativa al caso in esame) siano sorte prima di tale data.
La sentenza del Consiglio di Stato
I Giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto di non poter condividere tale impostazione, ciò ragione di quanto affermato dalla giurisprudenza nazionale e sovranazionale che è ormai sostanzialmente concorde nel riconoscere l’insussistenza di responsabilità nei confronti del proprietario dell’area che risulti incolpevole delle condotte generative della contaminazione.
Tramite la decisione in commento è stato evidenziato che con Adunanza plenaria n. 21 del 25.09.2013, il Consiglio di Stato aveva già avuto modo di chiarire che l’Amministrazione non può imporre al proprietario di un’area contaminata l’obbligo di porre in essere misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica qualora questi non risulti essere l’autore dell’inquinamento. Gli effetti a carico del proprietario incolpevole, pertanto, devono restare limitati a quanto espressamente previsto dall’articolo 253 del D.Lgs. 152/2006 in tema di oneri reali e privilegi il quale prevede semplicemente che “nel caso in cui il proprietario non responsabile dell’inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell’inquinamento per le spese sostenute e per l’eventuale maggior danno subito”.
Tale impostazione è stata peraltro confermata dalla Corte di Giustizia dell’UE che, con la sentenza del 04.03.2016 relativa alla causa C-534/13, ha chiarito che la direttiva 2004/35/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, che si è occupata di responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, “deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa che, quando sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi”.
Il Consiglio di Stato ha dunque ritenuto di dover confermare la sentenza gravata poiché la corretta interpretazione del principio comunitario “chi inquina paga” “deve essere correttamente inteso secondo le categorie tipiche della responsabilità personale, senza che sia possibile fare ricorso ad indici presuntivi o a forme più o meno accentuate di responsabilità oggettiva”.