I consulenti del lavoro sulle nuove vie del welfare
I consulenti del lavoro non vivono di sole paghe. Alle attività tradizionali si affiancano aree di business emergenti come previdenza (che avrà una spinta dalla riforma in arrivo) e servizi ai dipendenti.
Valorizzare le competenze professionali, trovare nuovi spazi di mercato e incrementare i margini di redditività. Sono alcune delle motivazioni che spingono molti consulenti del lavoro a specializzarsi, anche attraverso specifici percorsi di formazione, su tematiche di grande attualità come la pianificazione previdenziale e i programmi di welfare aziendale.
Dal 1° gennaio, in particolare sul fronte previdenziale, le misure che il Governo sta mettendo a punto cambieranno nuovamente il quadro dei requisiti di accesso alla pensione, rivedendo la riforma Fornero e incrementando la flessibilità in uscita. A strumenti come isopensione, Ape, Rita - utilizzati dalle aziende per lo snellimento dell’organico o per il ricambio generazionale - potrebbe affiancarsi il ritorno alla “quota 100”. Cresce, intanto, l’interesse delle imprese per la predisposizione di piani welfare mirati ad alleggerire i costi offrendo servizi ai dipendenti: dalle spese sanitarie a quelle per l’assistenza familiare, fino a coperture per asilo nido, baby sitter, buoni acquisto.
Le nuove competenze
Per i professionisti si tratta di attività consulenziali ad alto valore aggiunto, per le quali sono in grado di offrire servizi “su misura”, mettendo a frutto competenze proprie della categoria implementate da un continuo aggiornamento normativo, oltre che dall’esperienza sul campo. E, nel concreto, rappresentano l’opportunità, per gli studi, di incrementare i fatturati, ampliando il ventaglio di servizi offerti alla clientela.
«La consulenza previdenziale è un’attività importante e in futuro sarà sempre più richiesta», afferma Elisa Paolieri, 35 anni, uno dei due soci dello studio Cardella & associati di Pisa, che aggiunge: «Si tratta di un segmento di mercato tutto da esplorare e in forte ascesa: considerando le misure ipotizzate dalla nuova riforma, per lavoratori e imprese sarà sempre più difficile districarsi in una giungla di strumenti. Riceviamo quotidianamente richieste di informazioni in materia e abbiamo ottenuto incarichi sia da singoli che da imprese». Anche sul versante welfare, precisa Paolieri, sono stati attivati molti piani per aziende: nello specifico, «contiamo di realizzare almeno il 20-30% del fatturato con questo tipo di attività».
Per Giuseppe Buscema, uno dei tre consulenti del lavoro che (insieme a un commercialista) compongono uno studio associato con sede a Catanzaro, «la pianificazione previdenziale è un’attività ancora in parte marginale ma ad alto valore aggiunto, afferma, con buoni margini di redditività per il professionista e un ritorno tangibile in termini di referenze sul territorio». Le richieste più frequenti, al momento, riguardano l’Ape per la gestione esuberi. «Specializzarsi attraverso la formazione è necessario per migliorare l’offerta professionale», ammette il professionista.
Il welfare aziendale
Nel corso degli ultimi due anni, racconta Lino Cattarin, fondatore dello studio Cattarin & Associati di Treviso (circa 35 persone), «abbiamo captato in modo chiaro l’interesse delle aziende per la predisposizione di programmi welfare. Le attività, richieste da imprese di dimensioni medio-grande, vanno dalla predisposizione di piani di solo welfare ad altri che prevedono la conversione di parte del premio di produzione, fino alla realizzazione di regolamenti in materia. È un lavoro che sta prendendo quota e che può già raggiungere circa il 10% delle attività di uno studio di discreta dimensione. Al momento sono soluzioni richieste per circa mille dei 10mila dipendenti che gestiamo».
Pianificazione previdenziale e welfare sono «tematiche strategiche per il futuro delle politiche di gestione del personale e rientrano appieno nelle competenze della categoria», rimarca Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. In ambito pensionistico, sottolinea, «si tratta di un lavoro “sartoriale” che un professionista della consulenza può svolgere grazie alle proprie competenze» Sul fronte del welfare, poi, «il ruolo dei consulenti è centrale per illustrare meccanismi e opportunità soprattutto, ma non solo, alle piccole e medie imprese, meno abituate a utilizzare tali soluzioni».