GDPR: I ruoli del Consulente del Lavoro
Sono due i ruoli che possono svolgere i Consulenti del Lavoro in relazione all’esecuzione del mandato professionale nell’ambito della disciplina in materia di privacy, alla luce del nuovo Regolamento (UE) 2016/679 in vigore dal 25 maggio 2018.
A chiarirlo è il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro con circolare n.1150 del 23 luglio 2018 a seguito delle numerose richieste di precisazioni sui compiti del Consulente del Lavoro nell’ambito della nuova disciplina sul trattamento dei dati personali e, in particolare, diverse segnalazioni di pretesa, da parte della clientela, di nominare il professionista Responsabile Esterno del trattamento ai sensi dell’art. 28 del Regolamento Europeo.
Il Consiglio Nazionale dell'Ordine chiarisce che, in base alla nuova normativa, il Consulente del Lavoro può svolgere il ruolo di responsabile del trattamento dei dati “per conto del titolare” e soltanto “su istruzione documentata del titolare del trattamento”.
Si tratta di una funzione facoltativa che il Consulente del Lavoro può svolgere previo nuovo e specifico incarico professionale e che comporta un significativo assoggettamento del Consulente alle direttive del cliente-titolare e, soprattutto, implica la gestione per suo conto del trattamento dei dati personali all'interno della sua azienda. Ai sensi, invece, della Legge n. 12 del 1979 sull'ordinamento professionale, è un ruolo "fisiologico" per il Consulente del Lavoro la co-titolarità del trattamento dei dati, vista la piena autonomia riconosciuta nella gestione degli adempimenti in materia di lavoro. "In forza di tale ruolo - spiega il CNO nella circolare - il Consulente-titolare è autonomo nella gestione dei dati delle aziende assistite all'interno del proprio studio, restando escluso e deresponsabilizzato dalle eventuali violazioni della richiamata normativa da parte del proprio cliente nella gestione della propria organizzazione".
GDPR: Il Ruolo del Consulente del Lavoro
L’articolo 1 della Legge 11 gennaio 1979, n. 12, in relazione all’esercizio della professione di Consulente del Lavoro, prevede che “Tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell'albo dei consulenti del lavoro”.
Emerge dunque un quadro chiaro: la titolarità allo svolgimento degli adempimenti in materia di lavoro è riconosciuta innanzi tutto al datore di lavoro, altrimenti gli stessi possono essere “assunti” da parte dei professionisti all’uopo individuati dalla legge. Questi ultimi (nello specifico i Consulenti del lavoro) nell’ambito del mandato conferito agiscono in virtù della designazione contenuta nel mandato stesso, ma la competenza a provvedere agli adempimenti non proviene loro dal contratto ma ex legge, dal riconoscimento che della categoria professionale, del ruolo e delle attribuzioni, fa la legge n. 12/1979. Ciò alla luce del diverso dato testuale e conseguentemente del diverso significato che il legislatore ha voluto riconoscere al ruolo dei professionisti rispetto a quello dei semplici preposti del datore di lavoro.
Il Consulente del lavoro che gestisce i dati dei propri clienti ha piena autonomia di decisione in merito al trattamento nella sua definizione più generale e quindi nella scelta delle modalità e dei mezzi (anche tecnologici) ritenuti più opportuni, così come nella scelta dei collaboratori cui affidare il trattamento medesimo. Se invece il Professionista dovesse costantemente e sistematicamente rendere conto al proprio cliente-Titolare delle modalità utilizzate per il trattamento dei dati a lui affidati, tale autonomia sarebbe irrimediabilmente compromessa.
Nel quadro delineato si inserisce, non a caso, una disposizione fondamentale del Reg. 2016/679, l’art. 4, che al paragrafo 7 recita testualmente:
“«titolare del trattamento»: la persona fisica o giuridica, l'autorità pubblica, il servizio o altro organismo che, singolarmente o insieme ad altri, determina le finalità e i mezzi del trattamento di dati personali; quando le finalità e i mezzi di tale trattamento sono determinati dal diritto dell'Unione o degli Stati membri, il titolare del trattamento o i criteri specifici applicabili alla sua designazione possono essere stabiliti dal diritto dell'Unione o degli Stati membri”.
Dunque non possono esservi dubbi sul fatto che il Consulente del lavoro nelle attività di trattamento dei dati dei propri clienti e dei dipendenti di questi ultimi, non potrà che assumere la qualifica di Titolare del trattamento. È possibile ritenere configurabile, al più, una fattispecie di co-titolarità.
Il Co-Titolare del Trattamento
Tale figura è espressamente prevista dal considerando n. 79 e dall’articolo 26 del Reg. che prevede che due o più titolari determinino congiuntamente le finalità (ad esempio la gestione degli adempimenti inerenti il personale dipendente di questi) ed i mezzi del trattamento (ad esempio tramite supporto cartaceo o informatico).
I co-titolari devono quindi sottoscrivere un accordo interno - che potrebbe consistere in un’appendice all’incarico professionale - che stabilisce in modo trasparente “le rispettive responsabilità in merito all'osservanza degli obblighi derivanti dal presente regolamento, con particolare riguardo all'esercizio dei diritti dell'interessato, e le rispettive funzioni di comunicazione delle informazioni di cui agli articoli 13 e14”.
Naturalmente, il Consulente del lavoro potrà sempre assumere, su base volontaria, il ruolo di responsabile esterno del trattamento dei dati affidatigli dal proprio cliente, ma ciò comporterà l’assunzione di un nuovo incarico di natura professionale autonomo (ancorché connesso) rispetto al mandato professionale principale e, come tale, separatamente remunerato.