Ricerca scientifica sempre più al femminile: l'esperienza universitaria e di una grande azienda farmaceutica
Il ruolo della donna nella ricerca scientifica. Le cose che vanno bene e gli aspetti da migliorare. Esperienze di successo a confronto. Il ruolo di una grande azienda farmaceutica per favorire l'inserimento e lo sviluppo delle donne. Se ne è parlato nel corso di "Il Tempo delle Donne", la kermesse di 3 giorni dedicata alla donna e al suo ruolo nella società, giunta alla 5° edizione.
«La ricerca scientifica è sempre più donna. Scienza, ingegneria, tecnologia, matematica: in queste discipline, in gergo note come STEM, le donne possono portare un contributo enorme. Ma c’è ancora tanto lavoro da fare perché sappiamo che durante la crescita culturale delle persone il numero di donne che riescono ad andare avanti si riduce progressivamente. Si arriva a un momento in cui alla direzione dei lavoratori, alla direzione degli istituti scientifici, ci sono prevalentemente uomini con un rapporto di 4 a 1.»
La situazione ambivalente delle donne che fanno ricerca nel nostro Paese l’ha spiegata bene la prof.ssa Michela Matteoli, Ordinario di farmacologia, alla Humatitas University e Direttore del programma di Neuroscienze presso Humanitas.
“Il Tempo delle Donne” nella ricerca farmaceutica
La cartina al tornasole di come sta cambiando la situazione arriva da due fotografie proiettate durante l’evento. Nella prima si vedono i partecipanti al Simposio Solvay del 1927 dedicato alla fisica. In quella bella foto d’epoca tutti uomini, tra cui Einstein, e una sola donna, Marie Curie, una delle più grandi scienziate di tutti i tempi.
A distanza di quasi 100 anni la situazione si è completamente ribaltata e al congresso del 2017 della società italiana di fisica, la situazione è quella che si vede nell'immagine in basso: un solo scienziato in mezzo a tante donne.
Ma perché la donna riesce così bene nella ricerca scientifica? Lo ha spiegato Loredana Bergamini, Direttore Medico di Janssen Italia una delle aziende farmaceutiche che pone maggiori risorse proprio nella ricerca. «La ricerca significa passione, significa essere pazienti, significa affrontare anche la frustrazione, la delusione di un successo che non arriva perché non tutti i farmaci poi arrivano in registrazione. Significa anche avere attenzione per chi sta aspettando, per i pazienti, e noi donne spesso abbiamo questa attenzione per chi ha bisogno. Non per nulla che si iscrive a medicina sono soprattutto le donne, il ruolo di care giver è svolto principalmente da donne e anche questo forse aiuta».
Attualmente, Janssen sta sviluppando oltre 40 nuove molecole e concentra la propria attività in sei aree terapeutiche chiave per la salute generale: neuroscienze, infettivologia (Hiv, Hcv, Tbc multiresistente) e vaccini, immunologia, malattie del metabolismo e del sistema cardiovascolare, oncologia ed ematologia e ipertensione polmonare.
Oltre a investire in ricerca, Janssen cerca di valorizzare al massimo il ruolo della donna che lavora in azienda. Quasi metà dei dipendenti adesso sono donne, percentuale che raggiunge il 77% se ci si riferisce agli occupati in ricerca biomedica. Anche il top management oggi è in maggioranza femminile. Anche la possibilità di fare smart working, in sostanza lavorare da casa gestendo con una certa flessibilità il proprio tempo di lavoro, sicuramente aiuta la donna che lavora.
Sul palco, oltre a Loredana Bergamini e Michela Matteoli, anche altre due illustri rappresentanti donne del mondo scientifico italiano: Francesca Bosco, Advisor dell’European Cybercrime Centre di Europol Ec3, e Barbara Mazzolai, Direttrice del Centro di MicroBioRobotica all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova.
Ma cosa può fare concretamente un’azienda per favorire lo sviluppo delle proprie dipendenti? Lo ha spiegato Tiziana Reina, Head of HR Pharma IGI.
«Per noi avere persone felici, donne o uomini, equivale ad avere dipendenti che possano esprimere al massimo il loro potenziale, in un’ambiente di lavoro positivo in cui siano stati abbattuti gli stereotipi della diversità. Così, in Janssen, diversità è sinonimo di ricchezza di prospettive, di idee e di valori diversi che messi insieme ci rendono una delle aziende best workplace riconosciute a livello globale. Le donne vengono messe nelle condizioni di avere le stesse opportunità di crescita e di successo. A questa linea si aggiungono il sostegno alla leadership femminile, in collaborazione con Valore D di cui Janssen Italia è socio fondatore, lo Smart Working, il Parental Project, un aiuto prezioso per le donne, che aggiunge al periodo di maternità 2 mesi retribuiti al 100%».
L’impegno dell’azienda a favore della donna che lavora lo ha sottolineato Massimo Scaccabarozzi, presidente amministratore delegato di Janssen e presidente di Farmindustria. Nonché front man della band di appassionati rockettari.
«Siamo felici di rinnovare il nostro impegno verso il genere femminile con la partecipazione a questa importante manifestazione che mette al centro la donna, le sue esigenze e il suo potenziale. Oltre ai due interessanti momenti di dibattito e confronto, in cui porteremo le nostre case histories virtuose di politiche in rosa, con il concerto “Every Rock Song is a Love Song” andremo a supportare lo “Sportello Artemisia”, importantissimo per le donne vittime di violenze e abusi nella comunità di Cologno Monzese, sede della nostra azienda. Un concetto molto chiaro per noi che è quello che non bisogna insegnare alle donne a difendersi dalle violenze ma bisognerebbe insegnare agli uomini a non essere violenti».
Un messaggio di fiducia per le donne che sono impegnate in ricerca ce lo fornisce ancora Michela Matteoli:
«È molto importante che le ragazze, le donne si rendano conto che il momento in cui arriva un figlio, non è un momento di debolezza, non è un momento in cui si perde tempo e il lavoro ne soffre. Non è così. Può sembrare, ma non è così. I figli sono un arricchimento enorme, sono importanti per l’equilibrio di una donna e secondo me, il fatto che le donne siano così brave a fare squadra, a fare networking, a fare tante cose contemporaneamente, osservare le cose nel dettaglio è anche dovuto al fatto che sono già abituate a farlo. Quindi non bisogna aver paura di fare dei figli, anzi, è un momento bellissimo, godiamocelo e ci aiuterà anche nel nostro lavoro.»