Il futuro della farmacia? Aggregazione e servizi
Il futuro della farmacia è tutto in quattro parole: aggregazione, innovazione, servizi e territorio. A volerne distillare la sintesi, è questa la previsione elaborata da Iqvia, il provider globale di informazioni, consulenza e tecnologia nel settore farmaceutico, sulla base dei dati rilevati dopo un anno di vigenza della legge sulla concorrenza, che ha aperto la proprietà delle farmacie alle società di capitali e che ha cominciato a dispiegare i suoi effetti.
Liberatore, Ad di Iqvia Italia, nella sua intervista, comincia dai grandi cambiamenti intervenuti negli ultimi dieci anni nel mercato delle farmacie, che hanno progressivamente perduto il mercato dei farmaci più innovativi e costosi, la cui dispensazione passa per il 90% attraverso l’ospedale o l’Asl. “Questo ha influito sulla redditività della farmacia” spiega Liberatore, così come il peso sempre più significativo dei farmaci equivalenti o generici, venduti a un prezzo più basso del prodotto originale. Il fatturato del settore ha comunque tenuto, osserva l’Ad di Iqvia, compensando la stretta sulla spesa pubblica convenzionata (2 miliardi di ricavi in meno dal 2007) con la vendita di altri prodotti con margini anche più elevati, dagli integratori ai farmaci da banco, dalle creme ai cosmetici, malgrado la concorrenza delle parafarmacie e della grande distribuzione organizzata.
Una sorta di “compensazione”, insomma, che ha fatto sì che, secondo le rilevazioni Iqvia, il fatturato del mercato della farmacia si è comunque mantenuto sostanzialmente stabile a 25 miliardi annui negli ultimi dieci anni, e questo – spiega Liberatore – “perché i farmacisti hanno saputo rinnovarsi”.
Liberatore osserva quindi che l’obiettivo perseguito dalla legge sulla concorrenza di modernizzare il settore e di aprire alle catene di distribuzione al dettaglio è riuscito a metà, anche se il settore sta vivendo grandi trasformazioni e, spiega l’Ad di Iqvia, “si sta preparando all’entrata dei grandi gruppi internazionali. Anche se dalle nostre stime iniziali, pensavamo che il consolidamento in catene sarebbe stato più rapido e che sarebbero entrati velocemente i grandi player come il colosso dell’imprenditore italiano Stefano Pessina, Alliance Boots Walgreens”.
Pessina, in effetti, aveva annunciato in un’intervista resa nello scorso febbraio l’intenzione di effettuare dei test per valutare la possibilità di investire in Italia con grossi numeri, con Boots, la controllata britannica di WBA. “Il beneficio di avere una catena esiste se si hanno 1.000-2.000 farmacie, non se ne hanno 50″ aveva affermato nell’occasione Pessina. “Sembra che molti ora – cooperative, piccoli gruppi – si mettano a comprare farmacie, ma non tutti potrebbero avere successo. Meglio aspettare che il mercato si assesti”.
E, in effetti, le grandi catene al momento stanno alla finestra, anche se il verbo dell’aggregazione ha già cominciato ad affermarsi e fare sempre più proseliti. La stima di Iqvia è che per la fine del 2019, circa il 25% delle farmacie si saranno aggregate in qualche forma. “Negli ultimi tempi, notiamo l’interesse da parte di imprenditori locali che stanno acquistando qualche farmacia sul territorio, e l’attenzione da parte dei fondi d’investimento” spiega Liberatore, aggiungendo che molte farmacie si sono già affiliate alle catene virtuali, cioè i raggruppamenti di farmacie indipendenti che si associano in una rete che permette di beneficiare di maggiori sconti e di ingegnerizzare i processi.
La maggior parte delle catene virtuali fa capo a un distributore intermedio che impone una riconoscibilità alla farmacia, per esempio negli arredi, e offre una proposta integrata di servizi. “Per esempio, c’è un incremento di prodotti a private label, ad alta marginalità” osserva l’Ad di Iqvia “e si nota la diffusione dei programmi di fidelizzazione in farmacia con le relative promozioni. E il fenomeno dell’aggregazione coinvolge anche la distribuzione intermedia, dove continuerà il processo di concentrazione e si prevede che resteranno poche realtà ma molto ben organizzate”. Secondo Iqvia, la quota di mercato dei primi dieci grossisti in Italia è passata dal 57% nel 2007 al 78% nel 2017.
Tra i cambiamenti in corso Iqvia registra ovviamente anche l’apertura nel 2017 di più di 300 nuove farmacie sul territorio nazionale, per effetto del concorso straordinario seguito al decreto Cresci Italia del 2012, e anche nel 2018 il fenomeno continua con l’apertura di circa una nuova farmacia al giorno.
“Questo è molto positivo per il paziente” commenta Liberatore “ma rischia di avere un effetto sui ricavi della singola farmacia. Attualmente, secondo le nostre stime, il fatturato medio per punto vendita è di 1,4 milioni di euro e ogni farmacia può contare su una media di circa 3300 abitanti”.
Ma le farmacie, anche se differenza di molti altri settori del retail, possono ancora fondare la loro attività sul rapporto di fiducia del farmacista con i circa quattro milioni di persone che ogni giorno entrano negli esercizi con la croce verde, debbono cominciare a guardarsi dalla insidiosa concorrenza dei nuovi modelli di vendita che si vanno progressivamente affermando. “La vendita online di prodotti senza obbligo di prescrizione è aumentata del 17% in Italia nel 2017” sottolinea Liberatore al riguardo. “E vediamo che, negli Stati Uniti, Amazon si sta muovendo velocemente per conquistare market share in questo mercato”.
Per rispondere al pericolo, la chiave è innovarsi e offrire servizi a valore aggiunto al paziente. Ma per fare questo ci vuole massa critica e questa si può raggiungere soltanto attraverso l’aggregazione. “Questa aggregazione – conlude Liberatore – imporrà un radicale cambiamento nei sistemi di approvvigionamento delle farmacie che si dovranno adattare alle nuove realtà aggregate e in parte autosufficienti. Le industrie farmaceutiche dovranno rivedere le loro strategie e adattare, di conseguenza, le loro organizzazioni commerciali. Insomma, una rivoluzione”.