Industria 4.0: quali sfide per la farmaceutica?
Industria 4.0, una sigla di cui si sta discutendo molto, ormai utilizzata come sinonimo di cambiamento e modernità. È associata a quella che gli esperti definiscono “quarta rivoluzione industriale”.
Una rivoluzione a cui hanno già preso parte, in Italia come all’estero, altri settori industriali (auto e elettrodomestici), tra cui il settore farmaceutico; un comparto tra i più rilevanti in Italia in termini economici, occupazionali e sociali.
«La sanità, l’industria farmaceutica e tutta la filiera sono e saranno sempre più influenzate dalla quarta rivoluzione industriale. L’allungamento della vita media e la necessità di convivere con malattie croniche si accompagnano a due fattori determinanti. Da un lato contenere la spesa e dall’altro gestire il fenomeno definito “silver is gold”, ovvero la presenza di generazioni di persone (i nati dagli anni 60 in poi) che hanno una sempre maggiore familiarità con i digital devices e che saranno i pazienti del prossimo futuro – afferma Stefano Novaresi, già Top Manager di gruppi nazionali e internazionali della pharma distribuzione, oggi Senior Consultant presso un gruppo leader nell’automazione e uno dei massimi esperti in materia di 4.0»
«La farmaceutica rappresenta mediamente solo il 15% della spesa sanitaria, la sfida principale è ridurre le ospedalizzazioni non necessarie, il vero costo. In tal senso, il cambio di paradigma che deve vedere il paziente al centro è supportato dal 4.0, dove il combinarsi di nuove tecnologie con lo sviluppo di una sensoristica sofisticata e miniaturizzata consente di affrontare in modo nuovo sia la diagnostica che la terapia stessa. Questo, garantisce gradi di aderenza maggiori. Spesso, infatti, i pazienti non seguono correttamente la terapia con conseguenze che aggravano la loro condizione inducendo ospedalizzazioni inutili. Un problema che, grazie alle nuove tecnologie e alla sempre più rapida elaborazione delle informazioni, è già possibile risolvere, rendendo i protocolli di cura più efficaci».
Settore Farmaceutico: Le sfide per il futuro
Numerose le sfide che i soggetti della filiera dovranno affrontare, a partire dalle nuove regole per la conservazione e il trasporto dei medicinali e la serializzazione delle singole confezioni dei farmaci, previste dalla Direttiva europea 2011/62/UE, a cui sarà necessario adeguarsi entro la fine del 2018.
«In Europa la nuova normativa imporrà che tutte le confezioni siano marcate con un codice a barre univoco che mostri il produttore, il lotto, la data di scadenza e tutti i passaggi compiuti dal farmaco – continua Dallari, autore di un recente studio dedicato alla filiera farmaceutica e al 4.0 –. Questo permetterà una tracciabilità totale. Fino al paziente che potrà comunicare al medico, tramite un’applicazione e inviando il codice a barre, qual è la confezione che ha in casa. In questo modo, il medico sarà in grado di controllare l’andamento e l’aderenza alla terapia e sapere quando prescrivergliene un’altra. Un elemento che, di fatto, aprirà le porte a un sistema di riordino automatico dei medicinali da parte delle farmacie. La serializzazione è stata introdotta proprio per controllare il percorso dei farmaci, combattendo così anche i traffici illeciti».
La filiera farmaceutica italiana – stando allo studio – è composta principalmente da cinque soggetti: i produttori, i depositari, i distributori intermedi, i trasportatori e i punti di consegna (principalmente farmacie e ospedali, ma anche grande distribuzione e parafarmacie per i medicinali che possono essere distribuiti in questi canali) oltre al Servizio sanitario nazionale. Una peculiarità data dalla differenza del ruolo tra depositario e distributore intermedio: il primo si occupa della distribuzione del farmaco per conto della casa farmaceutica, senza acquisirne la proprietà; il secondo compra all’ingrosso i medicinali per poi rivenderli alle farmacie entro 12 ore.
Informatica al servizio del Paziente
Per la farmaceutica, quindi, 4.0 significa informatica al servizio della qualità del prodotto e del paziente, ma anche rivoluzione a livello distributivo. Afferma ancora il professore: «Secondo i nostri studi, tra qualche anno tutte quelle farmacie con volumi tali da poter interagire direttamente con le aziende sorpasseranno i grossisti che, a loro volta, apriranno delle catene di farmacie. Ciò significa che le cooperative di piccoli farmacisti spariranno. Non vedremo più una farmacia ogni 3mila e 200 abitanti (in Germania ogni 8mila e in Danimarca ogni 10mila), ma grandi catene che controlleranno la vendita di 200 o più farmaci (scenario che necessiterà, nel caso, di una revisione del quadro normativo ndr)».
Dal punto di vista produttivo, invece, c’è un tema legato ai processi di esternalizzazione che hanno portato alla nascita di aziende cosiddette di Contract Manufacturing, ovvero demandate a realizzare prodotti farmaceutici o parti di composti più complessi sulla base di un contratto stipulato con i produttori Original Equipment Manufacturer.
«La rivoluzione 4.0 potrebbe far rivalutare il concetto di esternalizzazione, garantendo tempi di produzione minori e volumi più alti – continua il docente –. L’industria farmaceutica italiana vale moltissimo in termini di valore, parliamo di 181 aziende (associate a Farmindustria) con oltre 64mila addetti (90% laureati e diplomati), ma con volumi piuttosto ridotti, dove la robotica e l’automazione avanzata sono poco applicabili. Perciò,
Macchine 4.0 che da passive diventano attive: apprendono e si possono organizzare. Un principio che potrebbe portare a una riduzione del personale addetto alle catene di montaggio, ponendo un quesito etico non trascurabile.
«Più che una riduzione tout court della mano d’opera, sicuramente legata a aumenti importanti di produttività individuale – commenta ancora Novaresi – ciò che si sta verificando è un mutamento delle professioni e delle competenze in gioco. Il 4.0 porta a una rivoluzione delle professionalità e alla nascita di nuovi ruoli. Basti pensare come l’ingegneria sta entrando in ambito medico. Un incontro di culture non sempre facile, ma necessario. Peraltro, la storia insegna che a ogni rivoluzione industriale si accompagna un riassetto sociale. Ma la tecnologia non è un nemico da combattere».
Conclude Dallari: «Le macchine non sono antagoniste dell’uomo. In università abbiamo aperto una piccola fabbrica in cui i ragazzi si sfidano a montare i Calcio Balilla aiutati da dei robottini nelle diverse fasi di montaggio manuale. Ecco, in questo piccolo caso esiste una collaborazione virtuosa uomo-macchina. È naturale, poi, che se in uno stabilimento viene inserito un carrello teleguidato o un robot collaborativo antropomorfo, al loro fianco sarà necessario avere un ingegnere informatico, un analista di big data o un manutentore di robot esperto. Quindi, parlerei di mutamento delle professionalità, più che di eliminazione della parte umana».