Giornalismo, perché le persone si appassionano a incidenti e tragedie?

"Se sanguina, conduce" è una nota massima associata al giornalismo. I resoconti di incidenti spesso attirano i lettori, anche quando i loro titoli rivelano la trama. Un concetto ormai chiaro a tutti coloro i quali scrivono su un giornale al giorno d’oggi, ma anche una verità che viene da molto lontano. Si tratta, infatti, di un principio che veniva affermato già dai giornali inglesi del XVIII secolo.

Un interessante approfondimento da parte di “The Conversation” racconta la vita di un quotidiano britannico dell’epoca. Lunghi solo quattro pagine, i giornali d’Oltremanica del 1700 avevano poche immagini, nessun titolo e poca separazione tra gli articoli. La loro disposizione casuale dei paragrafi delle notizie ricorda i moderni feed dei social media senza i loro algoritmi.

Tra le loro notizie, rapporti militari stranieri, recensioni di libri, resoconti di incidenti, e tante altre notizie che oggi definiremmo senza pensarci troppo come ‘negative’. In effetti, nonostante l'aspetto diverso di questi giornali rispetto a quelli di oggi, i loro lettori evidentemente possedevano un interesse per incidenti spettacolari, insoliti e cruenti che sembra molto familiare.

Per i lettori, che cos’erano queste notizie? Fonte di spunti emotivi erano le narrazioni dei giornali, che parlavano a tal proposito di episodi "sfortunati", “tristi”, “scioccanti”. Questi piccoli aggettivi avevano il potere di trasformare i curiosi in veri e propri testimoni. I resoconti degli infortuni sul lavoro abbondano nelle cronache del 1700. Muratori e falegnami precipitano dalle impalcature. Pittori e vetrai cadono dalle finestre. I marinai annegano.

Dunque, perché le persone leggono, da sempre, di incidenti e tragedie? Questo genere di episodi interrompe la nostra quotidianità con una inquietante novità. Sono memento mori: nel loro ricordo della morte, ci spingono ad afferrare la vita.